Fos, proposta indecente

[di Carmine Landi]

“Risoluzione del contratto corrente”. Famigerate parole agli occhi dei 289 cassintegrati dello stabilimento Fos di Battipaglia. Le hanno lette in un messaggio di posta elettronica trasmesso il 17 maggio scorso dalla direzione aziendale, che di recente aveva abbandonato il tavolo sindacale volto a trovare l’intesa su un Piano sociale sempre più chimerico. La Prysmian è uscita allo scoperto: le annunciate ricollocazioni in realtà sono delle riassunzioni, a quanto s’evince dalla controversa email. Ci sono due allegati: il comunicato aziendale e un modulo. Un modello precompilato dall’eloquente dicitura: “Candidatura alle nuove opportunità di lavoro o d’interesse al servizio di outplacement previsti dal piano sociale”, che equivale a cancellare una vita intera. L’accettazione d’un altro impiego in uno degli stabilimenti del gruppo Prysmian sparsi in Italia, infatti, implica il duplice sforzo di riabbracciare la precarietà (i contratti sono quelli a tutele crescenti introdotti dal Jobs Act) e di rinunciare a quanto maturato finora: spariscono i pregressi inquadramenti contrattuali raggiunti, svaniscono i giorni di ferie maturati e non goduti, e gli scatti. Si ricomincia daccapo, con tanto di mese di “necessaria formazione”, all’esito del quale si redige una pagella: se la prova è positiva s’accede al nuovo stabilimento (ma con i livelli contrattuali più bassi), altrimenti si ritorna al punto di partenza, come con la casella del gioco dell’oca. 

L’assunzione “2.0” in Prysmian è tutt’altro che indolore: chi è stato più di trent’anni in Fos perderebbe intorno ai 500 euro al mese. Le 209 posizioni aperte sono sparse tra gli stabilimenti Prysmian in Campania (Pozzuoli e Pignataro Maggiore), Puglia (Giovinazzo), Lombardia (Milano, Legnano e Merlino), Piemonte (Quattordio) e Toscana (Livorno). La Prysmian cerca pure tecnici viaggianti, i cosiddetti giuntisti. 

La multinazionale offre anche degli incentivi alla risoluzione contrattuale, ma sono irrisori agli occhi di chi ha speso una vita intera tra i cavi in fibra ottica made in Battipaglia: l’offerta “inaccettabile” (parola delle maestranze) è di 13 mila euro lordi per chi richiede un contributo per tre anni per il fitto d’un alloggio foresteria (i canoni, a carico dell’azienda, non oltrepasseranno i 700 euro al mese per Puglia e Campania: chissà cosa si trova a quel prezzo nella zona di Pozzuoli) e 25 mila per chi non s’avvarrà dell’aiuto offerto. 

“Ricollocamento senza tutele”, hanno scritto i lavoratori su uno striscione in via Spineta. “Trecento famiglie rovinate”, è l’ancor più drammatico slogan apparso sul muraglione del cantiere dell’ex clinica Venosa nel cuore della città. I lavoratori della Fos si sono incatenati ai cancelli del presidio: poi li hanno convocati in Regione e in Prefettura per un susseguirsi di fumate nere. L’ultima flebile speranza è riposta nel misterioso compratore in trattativa con Prysmian e con il Ministero; ma qualora i negoziati, allo stato embrionale, andassero in porto in via Spineta ci sarebbe posto per appena 140 lavoratori. Non uno di più.

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