Fos, tre settimane per scongiurare la chiusura

[di Stefania Battista]

Sono in trecento. E verrebbero alla mente versi antichi, se non fosse che loro tanto giovani non sono più. L’età media dei lavoratori della Prysmian Fos è di circa 45 anni. Specializzati nella produzione di fibra ottica che non ha pari in Italia. Una produzione che si teme di perdere per sempre, insieme all’occupazione per trecento lavoratori, che con l’indotto sono più di seicento. Sono lì, davanti a quel cancello dello stabilimento battipagliese che hanno varcato ogni giorno per anni. Chiusi fuori dal 16 febbraio.  In attesa che il Governo e la proprietà della multinazionale trovino una soluzione che eviti la chiusura definitiva dello stabilimento.

A far loro compagnia, oltre ai sindacalisti che accompagnano il presidio, ai familiari che portano loro generi di conforto e ai politici che tentano di rappresentare le loro ragioni, c’è la Digos che controlla che non avvengano azioni sconsiderate e che quei cancelli restino chiusi. Le speranze dentro, insieme ai macchinari, i lavoratori fuori. Ma loro sono calmi, composti e cercano di tenere il morale alto.

Il 16 febbraio al Ministero del Made in Italy sono stati ricevuti con garbo. Il ministro Urso ha “strappato” alla multinazionale altre tre settimane per trovare una soluzione. Nel frattempo i lavoratori continueranno a percepire la cassa integrazione a zero ore, circa 1200 euro al mese che per molte famiglie, monoreddito, sono insufficienti. Meglio di nulla, anche perché nonostante la produzione sia stata fermata, la procedura di licenziamento collettivo è stata bloccata. Almeno per altre tre settimane.

Intanto i lavoratori, fermi a quei cancelli di fronte ai quali potrebbero infrangersi le loro speranze di un futuro dignitoso, cercano di mantenere l’ottimismo. Prima della scadenza verranno ricevuti di nuovo al Ministero. Tra il 6 e l’8 marzo, la data comunicata. 

«Noi restiamo qui – spiega Mario Balzano, membro della Rsu aziendale
– Non intendiamo arrenderci. Le nostre speranze sono riposte nella mediazione del Governo. L’Italia può permettersi di perdere l’unica fabbrica che produce fibra ottica di alta qualità? La proprietà ci ha assicurato che non si perderanno posti di lavoro perché ha altri due stabilimenti: ad Arco Felice, dove produce cavi sottomarini, e a Pignataro Maggiore, dove produce cavi per l’alta e la media tensione». 

Ma la cassa integrazione è scattata anche a Pignataro Maggiore, perché le commesse Enel sono state annullate, come a Battipaglia. 

I cavi Fos Prysmian sono di alta qualità e dunque, più costosi; la produzione assorbe molta energia e uno stabilimento che non vende diventa una perdita. Eppure si tratta di un’industria essenziale per la transizione energetica e per la digitalizzazione del Paese. «Lo stabilimento è sempre stato produttivo, ma nessuno ha difeso finora la qualità italiana. Perciò vogliamo essere ottimisti. Chiudere la Fos di Battipaglia significa creare una crisi senza precedenti, che va ben oltre la Piana del Sele». 

E davanti alla fabbrica paura e ottimismo si alternano. Negli occhi le emozioni sono evidenti, le parole non servono.

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