Gastronomea
[di Ernesto Giacomino]
Una volta, qui a Battipaglia, parecchi di noi avevano una peculiarità invidiataci da tutto il pianeta: non conoscevamo i nomi delle strade. Tant’è, ad esempio, che l’intero rettilineo della S.S. 19 fino al Cimitero (oggi, via Mazzini più via Paolo Baratta) era noto col più semplice e immediato nome di “via Eboli”, semplicemente perché, ad andare sempre dritto, portava per l’appunto a Eboli.
I rioni, poi: non ce le hanno, loro, le strade interne. Chiedi a uno: “Dove abiti?”, quello ti risponde “a Taverna”, o “Sant’Anna”, oppure “alla Stella”. Non serve specificare, e per un qualche mistero mai risolto hanno pure ragione: metti caso fornisci queste stesse, generiche indicazioni a un corriere di Lodi, per dire, sta’ tranquillo che lui in qualche modo la strada la troverà e ti consegnerà il pacco in perfetto orario.
Se poi sei del centro non è comunque un problema, là altrettanto agevolmente si va per punti di riferimento: “dietro piazza Madonnina”, “di fronte al palazzo di vetro”, “vicino alla Cassa Mutua”. Un po’ più rischioso, invece, quando occorre orientarsi in base ai negozi: “all’altezza della farmacia Tizio”, ad esempio. O “dove sta il barbiere Caio”. Ché se hai una certa età, e ok, pure se è roba che non c’è più t’è rimasta comunque in memoria, ne vieni fuori uguale. Ma se sei relativamente giovane, e beh, è un signor problema. Prova a dire a un ventenne “il palazzo sul bar Venezia”, o “il vicolo del cinema Esperia”: corri effettivamente il rischio che il poveretto giri a vuoto per un paio d’anni.
Perché eccolo qua, l’abbiamo centrato, il vero dramma di questo terzo millennio per noi battipagliesi: i negozi cambiano troppo velocemente. Non fai in tempo ad abituarti a un fruttivendolo nuovo che una settimana dopo ci trovi un bar; nemmeno sei mai entrato in quel bazar di oggettistica che di botto è diventato un laboratorio di tatuaggi. Che non è nemmeno la velocità di rotazione, che ti spiazza, ma il fatto che non riesci a spiegarti perché succeda. O meglio: se per i piccoli negozi puoi intravederci un motivo di redditività, non è altrettanto chiaro cosa accada alle grandi catene di ipermercati e discount.
Ce ne sono alcuni, sul serio, che non sai più come si chiamino, passati in pochi anni da “IperSpesa” a “Pianeta Risparmio” a “Garibaldi Fu Ferito”: stessi locali, stessi impiegati, stessa roba sugli scaffali, ma insegna diversa. Però, con gli stessi proprietari. E non è che il marchio che gestivano prima fosse fallito, o tolto dal commercio, o variato: no, di colpo lo vedi svettare da altre parti, su altri locali, che a loro volta fino a pochi giorni prima avevano un marchio differente.
Ora andrebbe capito, insomma, se è una specie di guerra, in cui ci si conquista l’un l’altro, a turno, e ogni volta si espone il gagliardetto del rivale tipo trofeo o testa di cervo impagliata; oppure se siano operazioni così, sostanzialmente frivole, di cambio look, giusto per dire alla clientela: non è vero che non t’amiamo, vedi? Ogni tanto ci facciamo belli per te. Cambiamo pettinatura, taglio di gonna, colore dello smalto. Così, robe diverse per scongiurare la monotonia di coppia.
Cioè: qualunque esso sia, ditecene il motivo. Che poi, se no, è facile equivocare, e attaccarsi a quel vecchio detto per il quale chi troppo s’improfuma è perché, sotto sotto, ha i panni sporchi.
27 marzo 2021 – © riproduzione riservata