I bambini che spaccano le pietre
Il battipagliese Roberto Capasso, da anni impegnato in Africa, racconta la storia dei bambini ugandesi, spaccatori di pietre per meno di un euro al giorno
Cambisi è un minuscolo villaggio del nord Uganda, situato alla periferia di Moroto, grosso villaggio di circa 10.000 abitanti, capoluogo dell’omonimo distretto. Ci troviamo in Karamoja, una delle regioni più aride e povere dell’Africa, caratterizzata da immensa savana e zone montuose, con precipitazioni molto scarse. Negli ultimi mesi la siccità ha provocato la quasi totale perdita del raccolto di mais, fagioli e sorgo, con gravi conseguenze sulla vita quotidiana della popolazione. Cambisi è abitata da poche centinaia di persone che vivono nella quasi totale povertà. Disoccupazione, scarsità di cibo e malattie sono i maggiori problemi che attanagliano la popolazione. Il villaggio è costituito da un nucleo disordinato di capanne fatiscenti, spesso di una sola stanza. La maggior parte dei bambini non frequenta la scuola a causa della mancanza di mezzi. In Uganda le scuole primarie sono gratuite, ma le famiglie devono comunque affrontare una piccola spesa per le iscrizioni, le uniformi e il materiale scolastico. A Cambisi molti bambini vivono per strada, in quanto le capanne sono piccole e hanno spazio sufficiente per ospitare solo i propri genitori, spesso molto anziani. Alcuni bambini sono quasi totalmente trascurati o addirittura abbandonati dai genitori che essendo disoccupati non hanno la capacità né la forza di allevare i propri figli. Lo stato di degrado di Cambisi è tale che molti bambini e adolescenti sono costretti a spaccare le pietre tutto il giorno per guadagnare pochi spiccioli per sopravvivere. Spaccare le pietre per le grosse industrie del cemento è una delle attività più diffuse nella regione e spesso gli adolescenti sono costretti a lavorare in condizioni durissime per guadagnare meno di un euro al giorno, respirando polveri pericolose senza alcuna protezione, lavorando sotto il sole a temperature di oltre 40 gradi, con poco cibo.
Voglio raccontarvi però il mio incontro a Cambisi con alcuni adolescenti che spaccano le pietre. Un giorno rovente del febbraio scorso, temperatura di oltre 40 gradi, passo per caso nelle vicinanze del fiume in secca e scorgo una decina di ragazzini che stanno spaccando le pietre nell’alveo. Mi avvicino, li riconosco tutti, erano praticamente cresciuti nel Centro Giovani Don Vittorio. Ogni giorno questi ragazzi lavorano duramente sotto il sole per spaccare grossi massi e ridurli in piccoli sassi da vendere successivamente alle industrie del cemento. Il lavoro inizia alle 7 del mattino e prosegue fino al tramonto. Con l’aiuto di qualche vecchio martello iniziano a battere grossi macigni per ridurli in piccole pietre. Il leader del gruppo è Andrew, 15 anni, un ragazzo molto simpatico e intelligente che ha lasciato la scuola perché i genitori sono disoccupati. Andrew mi accoglie con grande affetto e inizia a spiegarmi il tipo di lavoro e perché i ragazzini sono costretti a farlo. Molti di loro sono orfani e non vanno a scuola, alcuni dormono all’aperto perché a casa non c’è spazio sufficiente. Dopo la dura giornata di lavoro, raccolgono i piccoli sassi in vecchi secchi che a fine giornata vendono ai camionisti delle industrie del cemento. Ogni secchio viene pagato 400 scellini ugandesi (circa 12 centesimi di euro), mentre una carriola intera di sassi viene pagata 4000 scellini ugandesi (circa 1,20 euro). A fine giornata i bambini riescono a riempire 5 secchi a testa guadagnando ognuno 2000 scellini (circa 60 centesimi di euro). Alla sera i ragazzi caricano loro stessi il camion, il carico viene pagato 120.000 scellini (circa 36 euro) al responsabile locale (un adulto naturalmente), mentre i ragazzi guadagnano il valore corrispondente ai secchi riempiti. Ogni ragazzo che guadagna 2000 scellini al giorno ne consegna 1000 ai propri genitori per sostenere la famiglia, mentre con i 1000 rimanenti comprano da mangiare per sostenersi nella lunga e faticosa giornata di lavoro. Naturalmente neanche a pensare di poter conservare dei soldi per poter tornare a scuola un giorno. I ragazzi si aprono con tanta sincerità e candore e mi confidano con tutta la loro semplicità e con tanta speranza di pregare sempre che qualcuno possa aiutarli e sponsorizzarli per proseguire gli studi.
Ho trascorso con Andrew e gli altri nove adolescenti alcune ore fantastiche, hanno condiviso felici il loro tempo con me e mi hanno chiesto, se possibile, di cercare persone di buona volontà che possano aiutarli ad uscire da quel brutto tunnel di sfruttamento e dare loro la possibilità di tornare a scuola e poter vivere una vita da ragazzi, con qualche sorriso, gioco e un po’ di serenità in più. Se qualcuno vuol dare un piccolo aiuto a questi ragazzi, per combattere lo sfruttamento dei minori, toglierli dalla strada e rimandarli a scuola, può contattarmi al numero 3281688923 oppure scrivendo a: apalotom@yahoo.it. Grazie a tutti.
3 luglio 2015 – © Riproduzione riservata