I complessi psicologici
[di Daniela Landi – Psicologa]
Ma quali complessi, tu tieni n’orchestra intera ’n capa! Chi non ricorda la famosa battuta di Massimo Troisi, rivolta a Robertino (interpretato dal bravo Renato Scarpa) nel film Ricomincio da Tre. Quella scena esilarante è un buon pretesto per spiegare meglio cosa sono i complessi psicologici.
Il concetto di complesso, come definito da Jung, si riferisce a un insieme di idee costellate da una forte carica emotiva che, trovandosi nell’inconscio, esercitano un’influenza nella vita di una persona. Si tratta di una rete inconscia di sentimenti e associazioni che esercitano un’influenza coercitiva condizionando la vita dell’individuo. Ma da dove nascono? Possono essere individuali e trovare la loro fonte nelle esperienze infantili, sulla base degli schemi educativi impartiti, e anche in quelle familiari e avere origine in dinamiche tramandate dagli antenati. Jung introduce anche il concetto di complesso come nucleo archetipico collettivo, riferendosi a dei modelli di comportamento che sembrano appartenere a una conoscenza antica e universale. Tali modelli compaiono nei miti greci, nelle fiabe, nei sogni e sono rappresentati attraverso la cultura di una società e in condotte individuali.
In queste rappresentazioni quello che colpisce è la natura compulsiva di qualcosa che spinge alcuni individui a credere, agire e sentire non avendo un controllo cosciente e a volte anche in contrasto con i loro principi etici e valori, attivando a livello interno un modo di essere e di agire, quasi come se si intrepretasse un copione scritto da altri. I complessi non riguardano solo aspetti patologici, ma qualsiasi pulsione che induce ad agire alcune condotte. Ad esempio, una spinta potente verso il successo può essere motivo di stress e logoramento, ma anche di produttività e di realizzazione creativa. Tali condotte, che paiono presentarsi come destino, possono essere un fattore primario dell’evoluzione. Attraverso la presa di coscienza di una dinamica che costringe a reagire in modo impulsivo e compulsivo, si può prendere coscienza di processi interiori e scegliere una condotta diversa.
Riferiamo l’esperienza di una giovane donna che nelle prime sedute di psicoterapia si presenta come una persona indipendente, amante dei viaggi, con tanti amici e che nel corso delle sedute racconta di avere una relazione con un coetaneo geloso e possessivo; lei si rende conto che è un sintomo di fragilità per cui acconsente a tranquillizzarlo, cambiando inconsciamente le sue abitudini, fino a interpretare il copione della donna devota, chiusa in casa. Un copione inconscio, ossia il complesso culturale della donna sottomessa, sembra essersi impossessato di lei, la quale ne soffre e non riconosce più sé stessa. Attraverso la psicoterapia, lei ha potuto vedere l’automatismo di quel comportamento e distinguere la sua vera personalità, prendendo le distanze e individuando il suo vero sé. Un percorso a volte difficile e doloroso ma che può far maturare una crescita psicologica.
23 aprile 2022 – © riproduzione riservata