I cordoni dell’ansia
[di Anna Cappuccio, psicologo clinico, psicoterapeuta]
I battiti del cuore accelerano improvvisamente, sul corpo scivola una fastidiosa sensazione di calore, i pensieri si affollano pulsanti nella mente creando uno stato di tensione e disorientamento, la gola sembra stringersi e respingere l’aria, il respiro diventa affannoso. Sottile o esplosiva dentro di noi serpeggia la paura di non farcela e di morire soffocati o stroncati da un infarto. L’ansia è un’emozione conosciuta della quale un po’ tutti ci siamo trovati o ci troviamo a fare esperienza. Può irrompere violentemente nella vita come un intruso che si impossessa violentemente del nostro corpo lasciandoci stremati, senza forze e impauriti oppure si presenta come un coinquilino che ci accompagna costantemente impedendoci di vivere con serenità e pienezza. In genere l’ansia ha una funzione adattiva perché si manifesta in periodi di vita particolarmente delicati o in situazioni sconosciute e complesse come un esame universitario o un concorso, l’inizio di un nuovo lavoro, la notizia della nascita di un figlio. In questi casi l’ansia ci permette di rimanere concentrati sul compito e di mantenere alti e canalizzati i livelli di attenzione necessaria. Quando, però, diventa l’unica risposta messa in atto di fronte alle situazioni del vivere quotidiano acquisisce i caratteri di un fare patologico che limita le attività giornaliere e compromette la qualità della nostra vita.
Per lo più l’ansia assume le caratteristiche di una paura costante e insidiosa per la salute propria o delle persone care, di una preoccupazione rispetto al lavoro e ad aspetti finanziari. Si vive con la sensazione perenne che debba succedere qualcosa di profondamente spiacevole e doloroso che sconvolgerà la vita. Queste paure e la sensazione di esserne sopraffatti tolgono energia e concentrazione, tanto che spesso le attività quotidiane risultano rallentate. A volte, per cercare di contenere queste sensazioni, si cominciano a evitare luoghi e contesti relazionali avvertiti come pericolosi con la conseguenza di un progressivo isolamento sociale o con una difficoltà crescente a gestire il lavoro e gli impegni di vita. Altre volte, si cerca di contenere l’ansia attivando azioni ripetute e compulsive, cedendo alla necessità di rituali di pulizia o di controllo come lavarsi ripetutamente le mani, controllare più volte se il fornello del gas o la porta di casa siano chiusi bene, rivedere continuamente se il lavoro per l’ufficio sia stato svolto adeguatamente. Queste strategie risultano come l’unico baluardo per evitare che l’ansia debordi e si trasformi in un attacco di panico dirompente e violento. La persona ansiosa, così, si trova bloccata tra la prigione delle compulsioni, delle azioni ripetute, dei pensieri, del rimuginio mentale, e la crisi d’ansia sempre in agguato, e vive perennemente in bilico tra la necessità di controllare ogni aspetto di sé e della sua vita e la paura di perdere il controllo.
Eppure questa spirale da cui l’anima dell’ansioso è stata risucchiata ha avuto un inizio, a volte così lontano da non essere più ricordato; un inizio avvenuto, spesso, nell’infanzia o nell’adolescenza e non sempre legato alla situazione di vita da cui, apparentemente, tutto sembra essere cominciato. Per poter affrontare l’ansia bisogna comprenderne le origini e il significato che ha avuto e ha nella quotidianità della persona, bisogna inoltrarsi nei luoghi del proprio mondo interiore per riappropriarsi di sé e liberarsi, così, di cordoni e legacci che stringono la vita. Non a caso la parola ansia deriva dal latino angere che significa, appunto, stringere.
17 ottobre 2020 – © Riproduzione riservata