Il dovere della salvaguardia del paesaggio
Egregio direttore,
voglio cogliere l’occasione della questione legata alla “De Amicis”, per quanto vera o fasulla (ne dubito) che sia, per rappresentarle una valutazione da cittadino comune, che vive e ama Battipaglia, tra l’altro in un momento particolare coincidente con finanziamenti pubblici – come i PICS, Programmi Integrati Città Sostenibile, finalizzati al miglioramento della qualità della vita nelle città medie, con interventi improntati alla valorizzazione dell’identità culturale e turistica della città – e con la redazione del PUC.
Ciò premesso, è opportuno far notare che gli edifici, le piazze, le fontane, le strade, ci raccontano la storia del luogo in cui abitiamo, una storia che ha contribuito a creare il carattere della nostra città e dei suoi abitanti; d’altra parte l’identità collettiva, perché è di questo che stiamo parlando, ha un ruolo incisivo anche sui processi di costruzione identitaria dei singoli, e della comunità di appartenenza. Appare opportuno rammentare che la Convenzione europea sul Paesaggio del 2000 definì paesaggio “una determinata parte di territorio, cosi come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”; politica del paesaggio “la formulazione, da parte delle autorità pubbliche competenti, dei principi generali, delle strategie e degli orientamenti che consentano l’adesione di misure specifiche finalizzate a salvaguardare gestire e pianificare il paesaggio”; e salvaguardia del paesaggio “le azioni di conservazione e di mantenimento degli aspetti significativi o caratteristici di un paesaggio, giustificate dal suo valore di patrimonio derivante dalla sua configurazione naturale e/o dal tipo d’intervento umano”. Pertanto, il paesaggio contribuisce a costruire e a rafforzare l’identità dei suoi abitanti sin dalla tenera età. Quando infatti il bambino, seduto su una panchina del centro, chiede alla nonna cos’è l’edificio “De Amicis” che ha davanti agli occhi, si innesca quella trasmissione intergenerazionale del sapere che inizia a dare al giovane cittadino le coordinate per orientarsi nel racconto identitario. I luoghi iniziano a parlare, a rappresentare cioè stimoli che rafforzano la sua identità e il suo senso di appartenenza alla comunità. (…)
Gli elementi tangibili del paesaggio, che sia urbano (le Comprese, la De Amicis, Palazzo Guarino, il Cine-Teatro Garofalo, il tabacchificio Farina, i palazzi Del Prete, Ragone, ecc.) o agreste (le masserie Farina, La Morella, Torre dei Mussi, i Casoni Doria, Torre dei Rai, Porta di Ferro, ecc.) non ha alcuna importanza, diventeranno amici con cui dialogare; che ciò avvenga in modo conscio o inconscio è ininfluente: essi aiuteranno i cittadini a non sentirsi soli, a sentirsi parte di una comunità. La condivisione aiuta a sentirsi parte del gruppo ed è importante costruire il senso di appartenenza al gruppo, è fondamentale rafforzare il sentimento di comunità.
Per il passato abbiamo avuto un Piano Regolatore che non ha individuato nessuna zona “A” da tutelare. Abbiamo consentito che si distruggessero, con metodica ripetizione, la memoria e i simboli.
Poi, guardando le vecchie foto di Battipaglia, quelle del suo libro che conservo gelosamente (…), ci meravigliamo che ci emozioniamo. (…) Bisogna cancellare la maledizione o la superficialità di distruggere costantemente la nostra memoria. Non bisogna più consentirlo.
Mi spaventa che dei battipagliesi “doc”, anche di “cultura”, non percepiscano l’importanza di comunità, di appartenenza, di architettura minore, di paesaggio urbano minore (ma non di serie B).
Un saluto affettuoso di stima.
Nicola Vitolo
11 gennaio 2020 – © Riproduzione riservata