Il fisico

[di Lucio Spampinato]

Quando entrò nella stanza, era ancora buio. Il tempo fuori sembrava torvo, ventoso e le strade segnalavano alla luce dei lampioni la pioggia caduta nella notte e un persistente, debole gocciolio che non prometteva nulla di buono per la giornata che andava ad incominciare. Avvertì un brivido, sporgendosi per un attimo fuori dalla finestra. Pensò che non aveva alcuna voglia di praticare uno scambio termico con il mondo esterno. Uno scontro impari fra il suo piccolo corpo e le immense masse d’aria e d’acqua, ora impegnate in battaglie titaniche fra di esse e con la terra, contrapponendosi con l’artiglieria dei fulmini, incontrastate sul debole sonno degli umani. 

Come ogni mattina, si preparò per compiere ancora l’esperimento. Raccolse insieme i contenitori d’acciaio puliti la sera precedente e, dopo una breve contemplazione del piano di lavoro, incominciò.  Per prima cosa, prese il componente che costituiva la base del distillatore. Aveva la forma di un tronco di piramide a pianta ottagonale (volume uguale ad un terzo dell’altezza moltiplicato per la somma delle superfici delle due basi e della radice quadrata di questa) che culminava in un cilindro schiacciato con una filettatura cilindrica esterna. Riempì l’incavo di acqua e poi posizionò una sorta di imbuto, costituito in realtà da un cilindro più ampio e basso con la base bucherellata e un altro, più sottile e lungo, saldato sulla superficie esterna inferiore, in corrispondenza del centro. Quindi, passò a riempire l’imbuto di una sostanza granulare scura che emanava un odore piuttosto intenso. Conoscendo la strada che quella polvere speciale aveva percorso, il luogo d’origine e i sacrifici delle persone impegnate a produrla, si arrestò un attimo a pensare alla provincia di Kaffa, in Etiopia, alla vastità delle sue catene montuose, alle creature che le popolavano, al vitalismo di quegli esseri e al sole africano che in quel giorno così freddo desiderava come nessun’altra cosa al mondo. 

Infine, completò la chiusura del distillatore con il componente superiore, della stessa forma della base, contenente nella bordatura interna la filettatura di una madrevite, ma con una camera vuota, un camino centrale, una sagomatura superiore a becco e un coperchio mobile vincolato a due piccoli cardini. Accese la fiamma; il sistema isolato costituito dall’acqua nella base del distillatore aveva ancora un ordine assoluto e un’entropia a livelli minimi. Il livello energetico era invece al massimo. Pian piano, l’acqua cominciava a riscaldarsi, l’ordine lasciava lentamente il passo al disordine delle molecole e l’entropia cominciava a salire, mentre l’energia si dissipava in una trasformazione senza ritorno. Pensò che, con l’avanzare del test, anche il grado di disordine dell’Universo stava impercettibilmente aumentando; ogni processo in natura segue la freccia del tempo che indica un futuro sempre più povero di energia; nulla torna indietro, non ti bagni per due volte nello stesso fiume e tutto scorre! Ma, ad un tratto, un sibilo insistente e un gorgoglìo annunciarono la fine e la piena riuscita dell’esperimento e la stanza fu invasa da un aroma inebriante, ineffabile, foriero di felicità. Il caffè era finalmente pronto!

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