Il ghosting, quando il partner sparisce

[di Anna Cappuccio, pisicologa]

Ci sono relazioni che finiscono per mancanza d’amore o per conflittualità e rapporti che si interrompono perché l’altro sparisce, perché l’altro “fa ghosting”. Il termine è molto chiaro, vuol dire rendersi invisibile, sparire senza dare spiegazioni, come un fantasma. È una strategia per chiudere relazioni diventate pesanti e indesiderate, strategia oggi molto più diffusa grazie allo sviluppo tecnologico che ha reso la comunicazione digitale il principale strumento di interazione sociale e relazionale. Così, semplicemente non rispondendo al cellulare o bloccando un contatto, si può cancellare la persona dalla propria vita. Sparire è quindi un modo per comunicare, senza parlare, di non esistere più per l’altro, che forse non si è mai esistiti come coppia.

Perché si ricorre al ghosting per interrompere una relazione? Dileguarsi può essere una scelta di chi non riesce a tollerare il dolore della separazione, un modo per non sentirsi cattivo affrontando la sofferenza che la sua decisione può determinare nell’altro. Paradossalmente, il ghosting viene attuato proprio quando il rapporto sta diventando intenso e ci si comincia a sentire molto coinvolti emotivamente. Questo coinvolgimento, però, attiva la paura di essere dipendente dall’altro e di poter essere abbandonato ed è proprio questa paura che spinge il ghoster ad agire per primo, abbandonando. La fuga gli dà l’illusione di mantenere il controllo sulle proprie paure e sulla sensazione di non essere all’altezza delle responsabilità che una scelta relazionale comporta. Molto spesso l’abbandono è un modo per non rivivere situazioni dolorose dell’infanzia. Il ghoster, infatti, potrebbe essere stato un bambino i cui bisogni emotivi sono stati trascurati e non ascoltati e questo lo ha reso poco empatico nei confronti dei bisogni effettivi degli altri e insicuro davanti alla vita.

Il ghosting lascia una ferita profonda in chi lo subisce: dolore e stress raggiungono livelli profondi perché si è costretti ad affrontare la fine di una relazione senza avere la possibilità di un confronto. In questo modo diventa difficile costruire un significato intorno a quello che è successo e, di conseguenza, elaborare il lutto. Si combatte con dubbi, domande senza risposte in un crescendo di incredulità, disistima e senso di colpa. Il dolore può assumere la forma della rabbia e della colpevolizzazione o può investire il corpo favorendo lo sviluppo di sintomi psicosomatici. 

Tuttavia, uscire dal tunnel dell’abbandono è possibile. Il primo passo è accogliere la tristezza del momento che si sta vivendo come emozione legittima, il secondo passo è spezzare la rete delle colpevolizzazioni pensando che quello che è successo non è dipeso da comportamenti sbagliati, ma è un modo dell’ex partner di affrontare la vita. L’ultimo passo, il più difficile ma anche il più significativo, è scrollarsi di dosso la condizione di vittima e riappropriarsi del ruolo di protagonista della propria vita e delle proprie scelte. Questo potrà dare la possibilità di aprirsi di nuovo con fiducia alla vita e al rapporto con l’altro.

*pisicologo clinico, psicoterapeuta

30 aprile 2021 – © riproduzione riservata

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