Il mare d’estate

È diventata la costante di ogni estate, da diversi decenni. Il mare di Battipaglia è sporco. È una triste  realtà che conosciamo tutti. Le mamme che con i loro bambini  frequentano il litorale battipagliese, ogni estate, mi riferiscono dell’acqua torbida e gialla, dei pesci morti a riva, della sporcizia presente nell’acqua, nella sabbia, nella pineta. Le mamme portano i loro piccoli al mare per rafforzarli ma con un ambiente marino in queste condizioni più che acquistare salute la perdono. Infatti nel periodo estivo aumentano le visite per dermatiti infettive, otiti esterne e gastroenteriti. Parte così la caccia alle spiagge pulite e all’acqua limpida, si percorrono chilometri per raggiungere le spiagge del Cilento quando con una politica di salvaguardia del nostro territorio più attenta potremmo usufruire del nostro mare.

Sempre d’estate, spesso mi capita di osservare persone che, all’interno delle loro auto in sosta con i finestrini chiusi, per far funzionare il climatizzatore e stare al fresco mantengono i motori accesi. Con buona pace dell’inquinamento che producono, responsabile tra l’altro dell’aumento della temperatura dell’atmosfera terrestre, e delle altre persone che stanno fuori al caldo e che devono respirare anche i loro gas di scarico. È la contraddizione della nostra società: da una parte vogliamo e pretendiamo di essere in ottima salute, dall’altra roviniamo l’ambiente in cui viviamo e di cui abbiamo bisogno per poter rimanere in buona salute.

A giugno scorso è stato presentato a Roma il Progetto VIIAS (Valutazione integrata dell’impatto  dell’inquinamento atmosferico sull’ambiente e la salute) finanziato dal Centro Controllo Malattie (CCM) del Ministero della Salute e coordinato dal Dipartimento di epidemiologia della Regione Lazio con la collaborazione di Università e Centri di Ricerca. I dati presentati evidenziano che il 29% della popolazione italiana vive in luoghi dove la concentrazione degli inquinanti è in media sopra la soglia di legge. L’inquinamento atmosferico è responsabile ogni anno in Italia di circa 30mila decessi solo per il particolato fine (pm2.5), pari al 7% di tutte le morti (esclusi gli incidenti). In termini di mesi di vita persi, questo significa che l’inquinamento accorcia mediamente la vita di ciascun italiano di 10 mesi, 14 per chi vive al nord, 6,6 per gli abitanti del centro e 5,7 al sud e isole. Gli effetti sono maggiori al nord rispetto al sud, nelle aree urbane rispetto a quelle suburbane e il solo rispetto dei limiti di legge salverebbe 11mila vite l’anno. Applicando sofisticati modelli previsionali della concentrazione degli inquinanti su tutto il territorio nazionale, il progetto VIIAS ha stimato che l’esposizione della popolazione italiana all’inquinamento ambientale comporterà un aumento sia della mortalità totale che quella per malattie respiratorie, cardiocircolatorie e tumore del polmone in tutta Italia. Inoltre, l’analisi di VIIAS ha individuato nella combustione di biomasse per il riscaldamento e negli scarichi dei veicoli diesel (responsabili per il 91% delle emissioni di biossido di azoto e di una quota importante di polveri fini) i due principali bersagli verso cui indirizzare le nuove misure preventive.

Anche le emissioni del comparto agricolo dovranno essere monitorate e contrastate. Il progetto prevede che per mitigare gli effetti dell’inquinamento atmosferico e arrestare l’aumento della mortalità si dovrà investire in tecnologie innovative “pulite” e mettere in atto appropriati interventi di recupero delle aree urbane dismesse mettendo a dimora più piante .

Ci si augura che le misure previste dal progetto VIIAS aiutino anche ad accrescere in tutti noi la consapevolezza che il vivere in un ambiente salubre è premessa indispensabile per proteggere la nostra salute e soprattutto quella delle generazioni future. Il mare e l’aria non si inquinano da soli, siamo noi umani che li stiamo devastando con i nostri comportamenti irresponsabili.

4 settembre 2015 – © Riproduzione riservata
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