Il padre

Se si provasse a dare una definizione alla parola “padre”, si potrebbe dire che è la persona che ha uno o più  figli. Cercando una definizione più articolata, si potrebbe dire che il padre è colui  che, insieme a una donna, procrea un figlio oppure colui che, facendo richiesta insieme alla propria consorte, ottiene dalla legge l’affido o l’adozione di un minore. Ma la paternità è un processo soggettivo che si costruisce prima sul rapporto intrapsichico tra padre e figlio e poi nella relazione interpersonale che il genitore instaura con la prole. Infatti si comincia a diventare padre quando inizia la gestazione della compagna, o comunque quando inizia l’attesa del figlio; ad esempio, quando non si tratta d’un figlio naturale, la paternità si costruisce a partire dal principio dell’iter burocratico (facendo domanda di affido e adozione). L’uomo prossimo a diventare padre non vive in prima persona le modificazioni corporee legate alla gravidanza. Tuttavia anche l’uomo, dal momento in cui riceve la comunicazione dell’attesa del nascituro, comincia a percepire che il figlio cresce dentro di sé. Le emozioni suscitate da questa attesa andranno via via a costruire la paternità. Il momento della nascita del figlio (o dell’incontro con lo stesso in caso di affido e adozione) coincide, e determina, la nascita del padre. Il padre potrebbe essere solamente biologico, ovvero quando contribuisce solamente alla procreazione, senza poi assumersi altre responsabilità sul piano relazionale con l’individuo che nasce. Sono questi i casi in cui un padre non vive la propria paternità. In passato la famiglia era strutturata in modo gerarchico. Chi era detentore di potere, atto quindi a istituire regole relazionali in famiglia, era il pater familias. Questi non era necessariamente il padre dell’ultima generazione, ma la persona più adulta del gruppo famiglia, considerata quindi la più saggia. Nell’attuale scenario sociale i picchetti della paternità si sono spostati un po’ più in là: Questi oggi segnano nuovi e più ampi confini nel rapporto tra padre e figlio.
Diversamente dal passato, la paternità ha tempi di gestazione più brevi e il rapporto padre-figlio prende corpo e si radica sin dai primi momenti della gravidanza, che sia biologica o adottiva. La paternità oggi non è più esclusivamente definita e costretta all’interno di una rigida separazione dei ruoli, il padre oggi non si limita ad interagire con la prole quando i figli ormai cresciuti devono essere educati o avviati al lavoro. Il padre attuale interviene molto più precocemente nella vita dei figli e assolve a molteplici funzioni molto più articolate e complesse, che non si limitano né si esauriscono nella sola funzione punitivo-educativa o ludico-ricreativa, ma si estendono a una dimensione di cura densa di connotazioni emotive, attenzione e ascolto. In questo modo è stata messa al bando la figura del padre fantasma, il cui stile relazionale si caratterizzava per l’assenza nel rapporto con il figlio.
Questo ectoplasmatico padre entrava “in gioco” solo quando il bambino, progredendo nella crescita, diventava più attivo e reattivo nei confronti dell’ambiente. La maggior reattività del piccolo agevolava quindi l’interazione del padre adulto con questi, ora in grado di parlare, camminare, giocare e altro. Nasce così una nuova paternità: immediata, partecipe e attiva.

24 marzo 2017 – © Riproduzione riservata
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