Il ponte dei sospiri

[di Ernesto Giacomino]


Croce e delizia, il Tusciano. È il cucciolo che ti sei cresciuto dalla nascita, di cui credi di poterti fidare quando se ne sta asfittico e semiasciutto a leccare i ciottoli sbiancati; ma che poi di colpo, pure con un quantitativo di pioggia buono al massimo per innaffiare gerani, scatta e ti sbraita addosso come un mastino inferocito.
E ne sanno, qualcosa – oh sì, se ne sanno – i residenti di via Cacciatore e di quel pezzo del rione Stella che affaccia a fiume, che non solo da decenni convivono col rischio di un’esondazione seria, ma che più di una volta, in passato, si sono visti acqua e detriti a pelo di porta con in mano un virtuale avviso di sgombero perenne.
Ovvio, quindi, che prima o poi in quel tratto occorresse darci una sistemata. Per cui, esperito tutto il protocollo autorizzativo e individuata la ditta a cui affidare i lavori, da fine maggio s’è finalmente partiti con il famoso “adeguamento dell’attraversamento di via Clarizia”. Un’opera non da niente, se non ho capito male, giacché si tratterebbe di realizzare dei canali supplementari per allargare la “luce” di deflusso del fiume in prossimità del ponte. Cosa buona e giusta, ci mancherebbe: anche se, considerando che quel ponte è stato costruito poco più di trent’anni fa, verrebbe da chiedersi come mai cotanto rischio idrogeologico non fu individuato e prevenuto già all’epoca (salvo immaginarsi un Tusciano diventato particolarmente irascibile solo nell’ultimo trentennio, ma non pare un’ipotesi plausibile). I soliti misteri, insomma, dell’edilizia in versione “beta” che da sempre contraddistingue opere pubbliche e private dell’urbanistica battipagliese: veloci, feroci e leggeri, prima finiamo e poi controlliamo.
E ok: i nuovi lavori, dicevamo. Roba d’un duecento giorni, però; ora più ora meno. Con via Clarizia (che, vai a misurarla, sul serio) dovrebbe essere a tutt’oggi la strada urbana più larga di Battipaglia, ma che paradossalmente dall’inizio dell’intervento è diventata a senso unico: esclusivamente da via Belvedere al rione Stella, e non anche viceversa. Solo per quello, per quei cinque-sei metri lineari di strettoia per il cantiere: e allora no-no, come si dice, per colpa di qualcuno credito a nessuno. Il senso unico più largo della Campania, chissà. Roba da camminarci in quattro file parallele. Ma di traverso.
In realtà, chi ricorda sa che esistono due Battipaglia: una prima, e una dopo la realizzazione di via Clarizia. Una strada che è stata una manna storica, una pietra miliare nell’alleggerimento del traffico in direzione centro, specie col successivo insediamento di un intero polo scolastico che accoglie dall’asilo alle medie. E da settembre, in orario scolastico, quel senso unico sarà l’ascesa in terra d’un girone infernale.
Verrebbe da chiedersi, dunque – col dovuto rispetto e la consapevolezza di non essere del mestiere – come mai non sia stata presa in considerazione l’ipotesi di un senso unico alternato, con relativo semaforo. “Perché si farebbero code da manicomio”, m’ha già risposto più d’uno. E beh, fidatevi: nulla, al confronto di ciò che succederà alla riapertura di quelle scuole. Salvo, magari, impegnarsi affinché quei duecento giorni di cantiere diventino molti di meno.

13 luglio 2018 – © riproduzione riservata
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