Il ruolo dei miti nella psicoterapia
[di Daniela Landi – psicologa]
Nel libro Le storie che curano James Hillman sostiene che raccontarsi può svolgere un ruolo terapeutico nella psicoterapia. La narrazione della propria vita e il modo in cui la si racconta, lo “stile” che si utilizza nel farlo, può contribuire a evocare ricordi e a sviluppare una capacità immaginativa con cui ritrovare un rinnovato senso del vivere. Percepire una mancanza di senso nel proprio vissuto può derivare da una perdita di un motivo tematico, e ritrovarlo può dare un significato agli eventi e alle esperienze vissute. A tal fine può essere utile anche elaborare un’altra narrazione della propria storia personale, alternativa e più ampia rispetto alla consueta.
L’orientamento di Hillman trova ispirazione nella psicologia analitica di Carl Gustav Jung che spesso ha fatto riferimento al ruolo che i miti svolgono nella comprensione della psiche umana e dei suoi processi profondi. I miti come manifestazione degli archetipi, quei modelli contenuti nell’inconscio collettivo che si manifestano per mezzo di simboli e di immagini comuni nelle diverse culture e che rappresentano temi fondamentali, come ad esempio: la Madre, l’Eroe, il Viandante. Ricorrere alla struttura delle storie mitologiche e degli archetipi può modificare la percezione del proprio vissuto, consentendo di “rileggerlo” in una prospettiva più ampia.
Nel setting il terapeuta può invitare il paziente a condividere la propria storia per cercare tramite le parole una rielaborazione di quei contenuti e trovare altri significati e prospet
tive. In alternativa, può suggerirgli di elaborare dei racconti che, attraverso degli elementi simbolici che consentono un diverso linguaggio espressivo alla psiche, possono aiutare a comprendere esperienze personali profonde, stati emotivi, situazioni traumatiche, e acquisire coscienza di contenuti inconsci e rimossi.
Durante i colloqui nel corso di una psicoterapia, una giovane donna è stata invitata a individuare una serie di immagini che potevano rappresentare i sintomi dei suoi disturbi. Dopo una riflessione ha identificato, tra le varie cose, un istrice, una farfalla, una strega, un bosco con un fiume. Nel corso delle sedute successive ha portato in seduta una storia che aveva scritto utilizzando queste figure, corredata anche da alcuni disegni. Trasporre su un livello simbolico i suoi sintomi le ha consentito nel tempo di acquisire una consapevolezza del significato sottostante i motivi della sua afflizione, a prenderne distanza e a considerare altre possibilità di esprimersi nella sua vita. Come ha scritto Patricia Berry: “Il modo in cui raccontiamo la nostra storia è anche il modo in cui diamo forma alla nostra terapia”.
15 febbraio 2025 – © riproduzione riservata


