Il sambuco: virtù e tradizioni

[Simona Otranto – Erborista]

Il sambuco, Sambucus nigra L., famiglia delle caprifoliaceae, è un piccolo albero o arbusto che non supera i cinque metri di altezza. I rami giovani sono verdi, mentre quelli degli anni precedenti hanno una corteccia color cenere con numerose e grosse lenticelle sporgenti. Le foglie sono opposte a due a due e hanno il picciolo dilatato alla base. Quando cadono lasciano sul ramo una cicatrice a forma di semiluna. Sono composte da tre, cinque o sette foglioline ellittiche con il margine seghettato e l’apice che termina con un dente acuto più grande degli altri. I fiori bianchi, profumati, sono riuniti in un ampio corimbo al termine dei rami. Il frutto è una drupa lucente, globosa e nerastra, con il succo di colore violaceo contenente due o tre semi. È una specie comune in tutta Europa. In Italia si ritrova spontanea dal mare fino alla zona montana, nei terreni ruderali, lungo le siepi, i fossati, le radure.
La droga, riportata in farmacopea, è costituita dalle infiorescenze, dal profumo caratteristico e dal sapore prima dolciastro poi acre, raccolte, recidendole alla base, tra aprile e giugno. Si lasciano essiccare all’ombra in mazzetti e si scuotono poi delicatamente per staccare i fiori dai peduncoli che si gettano. Vengono da sempre impiegati anche i frutti che si raccolgono con l’ausilio di pettini a maturazione, tra agosto e settembre, e si utilizzano prevalentemente freschi.
I fiori sono ricchi di flavonoidi, in particolare rutoside e isoquercitroside, e di derivati caffeici. Contengono tannini e un olio essenziale con odore di moscato composto principalmente da linaiolo ed altri elementi eterogenei. Tradizionalmente sono impiegati in infuso per facilitare le funzioni digestive e renali, come rimedio sintomatico popolare per il raffreddore, l’influenza, la tosse, l’asma, le allergie respiratorie, la rinite allergica e il reumatismo. Ai fiori, utilizzati anche come aromatizzanti in liquoreria o in cucina, vengono riconosciute proprietà lassative, antiemorroidarie, antiallergiche, antinfiammatorie, venotoniche. Secchi hanno sulla pelle attività emolliente mentre freschi sono revulsivi e possono essere irritanti.
I frutti, invece, contengono eterosidi del cianidiolo, flavonoidi, acido citrico e malico, zuccheri, pectine, tracce di olio essenziale, oligoelementi minerali. Vanno raccolti ben maturi e trovano impiego come lassativi, soprattutto in forma di marmellata. Interessante applicazione è quella contro le nevralgie del trigemino.
Tra gli usi popolari, l’infuso concentrato dei fiori era un rimedio per schiarire le lentiggini, il cataplasma caldo serviva per trattare i disturbi della prostata, il pediluvio con il decotto per calmare i dolori della gotta. Sempre col decotto si facevano gargarismi per il mal di gola. Un tempo si preparava l’aceto da toletta Surard che si otteneva macerando in un recipiente di terracotta per 15 giorni i fiori secchi con l’aceto. Questa preparazione, diluita nella quantità di un cucchiaio per bicchiere d’acqua calda zuccherata, veniva utilizzata come eccellente diuretico, sudorifero, contro la gotta, i reumatismi e il raffreddore.

23 aprile 2022 – © riproduzione riservata

Facebooktwittermail