In 5 anni chiuse quasi mille attività, anche se…

[di Carmine Landi]

Per un negozio che chiude, ce ne sono più di due che aprono. L’essenziale, scriveva de Saint-Exupery, è invisibile agli occhi. E il commercio c’è. Pure quando non si vede. Anche se è difficile scorgerlo nel malinconico susseguirsi di cartelli “vendesi attività” che si parano dinanzi agli occhi dei più duri a morire fra i battipagliesi, quelli che seguitano a passeggiare lungo la centralissima via Mazzini con i nasi appiccicati alle vetrine dell’eroica Resistenza che battaglia tra le macerie del fu “El Dorado” dello shopping a sud di Salerno nei remoti anni “A.C.”. Laddove la “A” evoca l’iniziale d’un sardanapalesco store online al servizio di clienti che acquistano dal divano, dal letto, a volte perfino dal bagno (che poi, in nove casi su dieci, è il posto in cui il “digi-compratore” si ritrova quando il povero corriere suona al citofono), e la “C” sta per gli Centri commerciali, che dall’alba del nuovo millennio hanno gradatamente teletrasportato le famigliole sotto i fasci di luce artificiale che rischiarano le maxi-gallerie da “trovi-tutto-ciò-che-serve”. Faraoniche chiese del consumo cinte da vetrate full-color erette sulle tavole della legge degli interior-designer, con panchine arreca scoliosi a rimpiazzare i banchi e l’incenso che arriva dai rumorosi condizionatori che avvolgono i fedeli del neo-commercio, rigorosamente obbligati alla canotta d’inverno, alla felpa d’estate e all’influenza quattro-stagioni. 

Lo shopping è cambiato. Lì si spende, qui si chiude? Può darsi, visto che da gennaio 2019 a dicembre 2023 si sono abbassate 982 saracinesche. Un dato impietoso, quello relativo alle cessazioni delle attività d’impresa dedite all’esercizio di vicinato, puntualmente censite all’ufficio commercio del Comune di Battipaglia. Basta far di conto: a voler arrotondare – estremamente – per difetto e a pensare che, in ognuno di quei 982 negozi, trovassero lavoro appena tre persone (includendo il proprietario) e che ciascuna di loro avesse una famiglia di tre anime, ci si ritroverebbe con quasi novemila mila cittadini colpiti dalla crisi dello shopping fisico. Più o meno l’equivalente d’un comune popoloso quanto Castellabate. 

L’inaspettata notizia, però, è che (sempre pratiche censite in Municipio alla mano) le serrande tirate su sopravanzano di gran lunga quelle calate per sempre: infatti, nel lustro 2019-2023 a Battipaglia hanno aperto i battenti ben 2.253 esercizi di vicinato. Un dato sorprendente, che corrisponde al numero delle chiusure moltiplicato per due volte e mezzo. Con proporzioni che d’anno in anno si ripetono. Nei dodici mesi da poco consegnati alla storia, per esempio, sono state censite 454 nuove aperture a fronte di 196 cessazioni. Cessazioni identiche nel 2022, a fronte di 421 saracinesche tirate su. Da gennaio del 2019 a dicembre del 2021, invece, sono stati avviati 1.378 nuovi esercizi di vicinato a fronte di 590 serrate. Una media che si è stabilizzata: 196 chiusure annue a fronte di quasi 460 aperture.

A cambiare è la geografia del commercio, che non è più appannaggio del centro: gran parte delle nuove attività si radica nei quartieri periferici, dove un maggior numero di piccoli imprenditori ha deciso d’investire per dotare i rioni di servizi prima insussistenti o insufficienti. Al contrario, molti degli esercizi chiusi insistevano – tempo imperfetto d’obbligo – lungo via Mazzini, via Roma e dintorni, in locali che spesso sono rimasti deserti o sono stati concessi in locazione (a canoni ribassati, ma pur sempre stellari) a esercenti di tutt’altra tipologia. E sono ormai ridotti al lumicino pure i grandi brand: il commercio adesso è sempre più affare di famiglia. Racconti di resistenza di volti storici e facce nuove, che, nonostante tutto, scommettono ancora in una città impoverita, sì, ma che non ha mai perso la Speranza. Nel commercio che ci arricchì. E che c’è. Pure quando non si vede. 

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