In un tuo abbraccio | di Crescenzo Marino
L’avevo rivista per caso, dopo tanti anni, in una libreria del centro. Portava bene i suoi cinquantacinque anni, era bella come sempre e, come sempre, aveva negli occhi quell’aria malinconica che mi aveva molto affascinato ai tempi della scuola. Indossava un tailleur grigio perla con i pantaloni a gamba larga e la giacca ad un solo bottone, scarpe di vernice nere e una camicetta di seta bianca “macchiata” da un’infinità di collane e bracciali. Ci incrociammo con gli sguardi ma lei non mi riconobbe. Avvicinandola sentii che aveva addosso lo stesso profumo di allora mentre brividi improvvisi si rincorrevano sulla mia pelle. “Ciao Melania usi ancora Opium di Yves Saint Laurent?” Mi guardò stranita e sorpresa e mi disse: “Ci conosciamo?” Sorridendo le risposi: “Sono invecchiato così male che non riconosci il tuo inseparabile compagno di banco, per tutti e cinque gli anni, al liceo.” Mi abbracciò, gridando tanto forte il mio nome, che tutti, clienti e commesse del negozio, si voltarono incuriositi e sbalorditi verso di noi. Tra l’imbarazzo nostro e degli astanti ci avviammo di fretta presso la cassa per pagare il libro che ognuno aveva prelevato dagli scaffali e lì ci accorgemmo di aver acquistato lo stesso volume di poesie di un famoso instant poet intitolato “In un tuo abbraccio”. “Incredibile la vita, ritrovarsi e rivedersi dopo più di un terzo di secolo grazie a un libro di poesie” mi disse nel mentre, travolti da un fiume in piena di emozioni, ci accomodavamo al tavolino di un bar del corso. “Cosa prendete?” ci chiese il cameriere avvicinandosi. “Due caffè lunghissimi, grazie. Abbiamo più di trent’anni di vita da raccontarci” rispose, regalandogli un meraviglioso sorriso, Melania. Parlammo felici, per non so quanto tempo, sfogliando l’album dei ricordi che ognuno di noi custodisce, inconsapevolmente, ma con cura, nel proprio cuore. Ci abbandonammo alla nostalgia come affannoso e vano tentativo di impossessarci del presente in tutte le sue sfumature; l’ansia di non essere in grado di viverlo in ogni sua sfaccettatura; l’inquietudine di non riuscire a coglierne tutte le opportunità. Ci perdemmo poi nei meandri del nostro antico, comune e reciproco amore per la poesia, nella triste consapevolezza di non poter riuscire a leggere, ahinoi, tutti i libri che varrebbe la pena, almeno sfogliare, una volta nella vita. Ma chi l’ha detto che l’amicizia che vive soprattutto di ricordi è bella e fragile come i castelli di sabbia, che possiede il fascino di un’immaginazione senza fondamento e che è sufficiente un sospiro inatteso per mandarla in rovina, pensai, nel mentre ci salutavamo con un altro abbraccio, talmente intenso, da lasciare addosso ad ognuno qualcosa dell’altro.
Nell’andarsene, malvolentieri, quando aveva già fatto qualche metro di strada, voltandosi verso di me, che ero rimasto lì impalato a vederla andar via, gridò: “A rivederci presto e ancora in un tuo abbraccio”.
26 marzo 2022 – © riproduzione riservata