Industria in crisi, il dramma dei cinquecento
Nonostante l’area di crisi industriale complessa, gran parte dei disoccupati battipagliesi resta senza il sussidio di mobilità
I roboanti proclami sull’area di crisi industriale complessa si scontrano con la dura realtà. E suonano vane le parole sui programmi d’impresa quando resta un’impresa, per centinaia di disoccupati battipagliesi, portare il pane a tavola. Sono le storie dei disoccupati rimasti a spasso in zona industriale, che, ogni volta che infilano le mani in tasca e nel portafogli non trovano i soldi della mobilità, s’interrogano sul senso dei decreti sull’area di crisi complessa.
I vertici della Cisl salernitana parlano di circa cinquecento lavoratori rimasti senza il becco d’un quattrino. Cinquecento disoccupati al verde, in bilico tra un decreto legge e l’altro, in attesa d’un pronunciamento dai piani alti di Palazzo Santa Lucia, chiedono gli agognati ammortizzatori sociali. Non vedono un soldo da tempo: alcuni da gennaio 2018, altri da luglio 2017. Hanno le facce degli operai che fino a qualche anno fa, prima della desertificazione del più grande agglomerato industriale della provincia, di buon mattino entravano nelle fabbriche che hanno chiuso i battenti: l’Alcatel, la Btp Tecno, la Paif, la Termopaif, la Fer.Gom e tante altre storiche realtà imprenditoriali. Le famiglie rimaste al verde, senza le indennità di mobilità: il ministro Elsa Fornero aveva decretato l’abolizione graduale del sussidio, ma nella città del lavoro andato in fumo, come in ogni altra area di crisi complessa d’Italia, la prestazione di disoccupazione, quella prima della Naspi, la nuova assicurazione sociale per l’impiego, andrebbe erogata ancora. Il condizionale è d’obbligo: ci sono centinaia d’operai battipagliesi, infatti, che sono rimasti nella terra di mezzo, schiacciati tra le contraddizioni che ci sono tra il Decreto legge del 24 aprile d’un anno fa e la Legge di stabilità del 2018, con la quale il Ministero del Lavoro dà i soldi soltanto a chi, in area di crisi complessa, ha cessato la mobilità, ordinaria o in deroga, nel primo semestre del 2018, accordando una proroga che non vada oltre il 31 dicembre prossimo. Resta fuori la maggior parte dei battipagliesi interessati, che la prestazione di disoccupazione l’aveva esaurita alla fine dello scorso anno. La legge d’aprile 2017, però, dona loro una speranza che è a Napoli, negli stanzoni di Palazzo Santa Lucia: l’atto normativo prevede che le regioni attingano ai residui di cassa per tirar fuori i quattrini della mobilità a beneficio di quei disoccupati delle aree di crisi complessa rimasti allo scoperto: indennità per 12 mesi a partire dalla proclamazione dell’area di crisi complessa, decretata a novembre 2017. A Napoli, però, ancora non ci si è mossi, in attesa che si sbrogli la matassa capitolina nella formazione del nuovo esecutivo. E così, nell’area complessa di Battipaglia, il grosso dei licenziati è senza indennità: in barba alle grandi speranze alimentate dal decreto del 22 novembre del 2017, col quale Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo economico, aveva riconosciuto come aree di crisi complessa i poli di Acerra, Marcianise ed Airola, Torre Annunziata e Castellammare e infine Solofra e Battipaglia, i disoccupati congelati restano senza soldi, senza contributi e senza lavoro.
LA LETTERA «Andremo a Roma a chiedere i soldi per i nostri lavoratori», tuona Cecilia Francese in consiglio comunale. E annuncia pure l’istituzione di un osservatorio cittadino sul lavoro, aperto a tutte le forze politiche. La sindaca ha scritto una lettera alla giunta regionale. Una missiva finita sulle scrivanie degli assessori regionali Palmeri e Lepore. “Considerate in tempi brevi la situazione che, in città, riguarda almeno 500 lavoratori da 5 mesi, e in alcuni casi da 11, senz’alcun sostegno al reddito”, scrive la Francese. “La norma – si legge nella nota della prima cittadina – attribuisce alle regioni la facoltà di destinare quote non spese delle risorse finanziarie loro assegnate per gli ammortizzatori in deroga, per autorizzare la prosecuzione fino a un periodo di 12 mesi”: in sostanza la sindaca, che chiede pure “di coinvolgere forze sindacali e istituzioni per attuare un piano di investimento e riassorbire gli espulsi dal mercato del lavoro”, invoca gli uomini del presidente Vincenzo De Luca affinché tirino fuori i quattrini per gli operai battipagliesi.
IL TAVOLO La cigs, la cassa integrazione guadagni staordinaria, l’hanno prorogata per tutto il 2018, ma per i sussidi di mobilità ai lavoratori dell’area di crisi di Battipaglia, rimasti al verde dopo le scadenze del 2017, a Napoli i quattrini non ci sono. “Non abbiamo più risorse: dipende tutto dal Governo centrale”, spiegano gli assessori campani ai vertici della triplice sindacale regionale. L’impasse a Palazzo Chigi paralizza le famiglie rimaste senza sussidi: emerge dalla riunione fiume sui bacini di crisi campani, che s’è svolta il 9 maggio scorso a Palazzo Santa Lucia e alla quale hanno preso parte gli assessori Sonia Palmeri e Amedeo Lepore e le segreterie sindacali regionali. C’erano Giuseppe Esposito della Cisl, Andrea Amendola della Cgil e Camilla Iovino della Uil. «La Regione non ha più risorse – spiega Esposito – ma siamo sicuri che a livello ministeriale ci siano altri fondi: si formi subito un esecutivo!». E quindi il caso Battipaglia passa attraverso l’insediamento d’un nuovo Governo, «che risponda alle numerosissime sollecitazioni arrivate dai sindacati». Il punto nodale, però, è ricollocare nel mondo del lavoro. Se ne parlerà attorno ad un tavolo a 4 tra Regione, Invitalia, Confindustria e sindacati. «Così la finiamo di ciurlare nel manico e ognuno s’assume le proprie responsabilità», commenta Esposito. La priorità è la reindustrializzazione: lo spiega anche il segretario salernitano Gerardo Ceres, dicendo che «c’è bisogno subito d’un governo, per recuperare le risorse per la mobilità, continuando la battaglia e accelerando i tempi di ricollocazione dei lavoratori interessati».