La borsa | di Benedetta D’Arminio

Se questa borsa fosse un pozzo, non troverei facilmente il fondo. E ne sono immersa fino ai gomiti, in un mare di cose. 
«Mamma vieni un attimo», la voce di mia figlia che per l’ennesima volta mi chiama, alzo gli occhi al soffitto esasperata e nel mentre noto una crepa che non avevo mai visto. Annoto mentalmente. 
«Vengo», le urlo per l’ennesima volta. Dopo che avrò ritrovato la spilla nella mia magnifica borsa.
Non capirò mai gli stilisti, modelle e influencer mentre creano e sponsorizzano queste borse-pseudo valigie 24 ore. «In questa borsa potete mettere tutto il vostro mondo», dicono sorridenti mostrando la borsa, mentre entrano in macchina, salgono sul tram o sorseggiano un aperitivo al tramonto. È vero, noi donne amiamo le borse e questa è bella ed enorme. Anch’io avevo pensato d’infilarci tutta la mia caotica vita. Solo che ora come per magia volevo ritrovare la spilla con lo stemma dell’associazione a cui mi ero iscritta. «Un libro salva una vita». Questo era lo slogan che campeggiava luccicoso su di essa insieme alla copertina di un libro.
«Mamma, ma la spilla puoi cercarla anche dopo ora mi devi aiutare a coniugare i verbi.» Mi fa sorridere in questi rari momenti in cui assume il ruolo di studentessa modello.
«E invece devi pazientare qualche altro minuto, perché come dice il detto: ora o mai più; sono sicura di riuscire a trovarla.»
Oramai mi sono intestardita. La soluzione ottimale sarebbe quella di eliminare il superfluo, penso illudendomi.
«A noi due», sfido con tono minaccioso la maxi borsa di pelle con borchie. Inizio a disporre sul tavolo il portafoglio, il portadocumenti, il portacarte e un borsello idoneo a contenere tutto quello che non entra in questi ultimi. Quello che rimane è una marea di carte, scontrini, pacchi di fazzoletti, spray per il viso, crema mani e altri oggetti che scoprirò. Prima metto via gli scontrini, alcuni sono da buttare, altri da conservare, come quello del regalo preso a Tiziana; magari non le piace e vuole cambiarlo. La ricevuta della palestra, del supermercato, del bancomat… Tra i tanti pizzini trovo un biglietto stropicciato; un disegno di Anastasia? Lo apro e riconosco la calligrafia. Pensavo di averlo buttato e invece era solo accartocciato.
«Splendido film ma tu splendida di più.»
Come un flashback, le immagini mi scorrono davanti agli occhi. Il vecchio cinema Odeon con l’insegna al neon che lampeggiava, la serata era partita male e speravo non finisse peggio. Vittoria mi aveva dato buca all’ultimo minuto, doveva coprire una collega di turno in ospedale e ora ero sola davanti al manifesto del film. E non era nemmeno di mio gusto. Ma era la mia prima serata libera dopo mesi. 
Seduta in poltrona tra adolescenti e genitori annoiati, aspettavo l’inizio del film. «Angelica, sei tu?»
Quando mi volto in direzione della voce, lo vedo, e rivedo i miei quindici anni, le corse in bici e i bagni al mare, le pizze insieme e i primi baci.
Nessuno di noi due vide il film. Parlammo tutto il tempo, come se fossimo soli in quella sala buia.
«Mamma vieni?» 
«Sì, sono da te tra un minuto.» 
Sorrido e stringo il foglietto di carta, c’è annotato sopra anche un numero di cellulare che non ho mai composto. Lo ripongo tra le cose da conservare, forse un giorno…

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