La difficile situazione degli avvocati | di Antonietta Di Genova
Gentile direttore,
le scrivo per condividere con il suo pubblico di lettori il tema della giustizia sospesa, partendo dall’analisi della figura dell’avvocato che ha da sempre affascinato l’immaginario comune ed influenzato la letteratura: dall’Azzeccagarbugli, di manzoniana memoria, asservito agli interessi dei potenti, ad Atticus Finch, avvocato antirazzista di Harper Lee, fino ad arrivare all’avvocato Guerrieri di Gianrico Carofiglio. Ma chi è veramente l’avvocato? Perché tale categoria è stata molto colpita da scelte politiche ingiuste per l’emergenza della SArs-Cov2? Per comprendere lo stato di grave crisi in cui ad oggi versa la categoria è importante conoscere come è stato regolamentato l’accesso alla Giustizia, non solo nella c.d. fase 1, di emergenza acuta, ma anche oggi, nel pieno svolgimento della fase 2. Come sappiamo, con il dpcm 9 marzo, moltissime attività sono state sospese e tra queste anche i processi. Fin qui nulla quaestio: in tale fase detta cuscinetto – durante la quale anche i termini processuali sono stati sospesi – nulla si conosceva di questo nemico invisibile e ciò era necessario per la tutela della salute collettiva.
Il problema vero decorre a partire dall’11 maggio 2020, nella c.d. fase 2. Mentre in tutta Italia è stato possibile assistere all’allegra riapertura di attività commerciali, con tanto di assembramenti proibiti, i Tribunali continuano ad essere metaforicamente chiusi. Dico metaforicamente, perché in realtà i Tribunali sono fisicamente aperti, ma né si tengono processi, né è possibile il libero accesso degli avvocati. Basti pensare che per qualsiasi attività bisogna essere autorizzati. Si potrebbe obiettare che ciò è finalizzato ad evitare assembramenti. D’accordo. Ma le peripezie necessarie per avere una riposta non le potete lontanamente immaginare. Vero problema è che l’Italia è inefficiente nello smart working e la disorganizzazione di tutto ciò cade sempre sull’ultimo anello della catena, che attenzione, non è l’avvocato ma l’utente finale della giustizia: il cittadino. È doveroso ricordare che quando si vede mortificata la categoria degli avvocati è mortificato lo stato di diritto stesso e con esso tutte le istanze di accesso alla giustizia, per la tutela di diritti fondamentali dell’individuo, costituzionalmente garantiti. Questa mortificazione di tutela ha come filtro la nostra odiata categoria. L’avvocato che può lavorare, ma nella pratica non può entrare in casa sua senza un appuntamento e non può celebrare i processi, perché la maggior parte del suo lavoro è stata rinviata nella migliore delle ipotesi ad ottobre, con una profonda crisi, di conseguenza, vi lascio immaginare, anche economica. Intanto la nostra cassa previdenziale non ha sospeso il pagamento delle rate.
Ad oggi la classe forense ha dichiarato lo stato di agitazione, ma non essendoci udienze è impossibile “scioperare” con lo strumento istituzionale – che è quello dell’astensione dalle udienze – ed infatti la categoria, autonomamente, si è organizzata con un flash mob: il giorno 29 maggio 2020 dinanzi i Tribunali d’Italia sono stati consegnati i codici, come simbolo di protesta nei confronti di una giustizia ingiustamente sospesa.
Concludo rispondendo al primo interrogativo: l’avvocato è il garante dei vostri diritti; mortificare tale categoria è una vessazione, un sopruso, un vero golpe nei confronti del cittadino!
Antonietta Di Genova, avvocato
13 giugno 2020 – © Riproduzione riservata