La fame emotiva

Esiste un legame fra comportamento alimentare ed esperienza emotiva, per cui l’alimentazione viene spesso usata, in maniera inappropriata, per regolare i nostri stati emotivi; per tanto, quando si desidera o si deve (per motivi di salute) perdere peso, oltre che dell’aspetto alimentare occorre preoccuparsi anche dell’aspetto psicologico ed emotivo. È utile sapere che quando mangiamo lo facciamo per due ragioni: la prima è la fame, la seconda l’appetito. Fame e appetito, sebbene nel senso comune possano sembrare la stessa cosa, in realtà non lo sono. La fame è il bisogno di cibo; è quel meccanismo istintivo che ci assicura di ottenere il carburante che serve per far funzionare bene il nostro corpo. L’appetito, invece, è il desiderio di cibo; è quindi una reazione emotiva, psicologica. Sia la fame che l’appetito subiscono notevoli influenze da parte sia dell’ambiente fisico che psicologico; pertanto, delle volte, mangeremo più o meno del normale proprio in risposta alla situazione ambientale o emotiva in cui ci troviamo. Un esempio di come l’ambiente fisico è in grado di influenzarci, è l’aumento della fame che avvertiamo quando ci troviamo in un ambiente freddo rispetto ad un posto caldo e la spinta che abbiamo a consumare pasti più calorici. Anche l’ambiente psicologico è in grado di influenzare la nostra fame e il nostro appetito, così essere in ansia, sentirsi stressati, essere depressi spesso ci porta o a mangiare più del solito, quindi ad avere un aumento dell’appetito (iperfagia), o ad alimentarci meno del solito, cioè ad avere una diminuzione dell’appetito (ipofagia).

La fame dettata non da un’effettiva necessità fisiologica ma da un preciso stato emotivo viene chiamata fame emotiva (o fame nervosa). La forza della fame emotiva consiste nel circolo vizioso che si viene a creare tra condizione iniziale di disagio e cibo; essere a disagio infatti ci spinge a mangiare, ma a sua volta l’introduzione di cibo nel nostro corpo è in grado di provocare, al momento, una condizione di benessere, ma questa reazione primaria di sollievo viene però ben presto soppiantata dalle nostre reazioni secondarie, derivanti dalla valutazione che facciamo dell’episodio alimentare: sensi di colpa, rabbia, tristezza, disgusto verso se stessi. Per cui se la fame emotiva inizialmente è in grado di ridurre il nostro disagio, successivamente contribuisce ad aumentarlo ed amplificarlo. Questo collegamento tra alimentazione ed emozioni tuttavia non è sempre sintomo di problemi psicologici, basta ad esempio semplicemente sentirsi annoiati per assumere, o sentire la voglia di assumere, cibo in modo eccessivo. È però evidente che, quando questo aspetto della nostra vita ci ostacola nel raggiungimento degli obiettivi che ci siamo proposti (ad esempio perdere peso) o ci causa sofferenza, diventa necessario occuparsene, al fine di poter intervenire. La psicoterapia permette di comprendere perché si mangia eccessivamente e di apprendere modalità più funzionali per gestire le emozioni negative. Il lavoro dello psicologo diventa fondamentale per preparare o accompagnare la persona durante il programma dietetico, o meglio ancora durante la sua rieducazione alimentare. Abbinare quindi ad una corretta rieducazione alimentare anche l’educazione emotiva è di fondamentale importanza per poter ottenere risultati ottimali e per poterli mantenere nel tempo; proprio la stabilità nel lungo tempo dei risultati rappresenta il punto di forza dell’integrazione tra l’approccio medico e quello psicologico. Mangiare bene serve anche a nutrire l’anima.

8 maggio 2015 – © Riproduzione riservata
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