La giusta distanza
[di Francesco Bonito]
Capita a volte di essere in grande difficoltà nel tentativo di comprendere una nuova situazione, nel dover reagire a un imprevisto accadimento. Ci si sente impreparati, incapaci di decidere. Questo è uno di quei momenti. Non abbiamo le adeguate conoscenze, non possiamo decidere da soli; anzi, dalle decisioni e dai comportamenti altrui dipende il nostro quotidiano. Questa nuova prospettiva ci sgomenta, soprattutto quando minaccia il nostro bene più prezioso: la salute. Per questo è difficile agire, ancor più difficile parlarne. Perché si rischia di disinformare, di alimentare la psicosi, oppure di favorire un’esiziale sottovalutazione del pericolo.
Ma un giornale, anche se piccolo, vive del rapporto con la sua comunità di riferimento; non può guardare altrove, non può glissare. Quindi, parleremo dell’emergenza coronavirus evitando i due pericolosi estremi: la minimizzazione e l’allarmismo, provando a fare meno danni possibili. Anch’io rinuncerei volentieri a esprimermi sulla materia, per il timore di sbagliare. Consapevole di non essere nelle condizioni di suggerire nulla, al contrario delle decine di commentatori che in tv palesano certezze a ogni ora del giorno, contribuendo a generare confusione e allarme. Per non parlare del pianeta web.
Il buon senso, l’unica guida sicura in queste occasioni, mi viene in soccorso con un monito: la giusta distanza. Che è quella prescritta dalla nostra sanità pubblica: la distanza tra le persone consigliata per impedire il contagio. Mentre lo scrivo penso anche a un’altra giusta distanza: quella psicologica, emotiva. La distanza necessaria a evitare di trasformare il ragionevole timore di contrarre il virus in angoscia o, peggio ancora, in panico. La giusta misura di queste due distanze dovrebbe accompagnarci ogni giorno, in ogni occasione, fino alla fine del potenziale pericolo. Perché il coronavirus, col suo impietoso bilancio, passerà. La misura del danno che farà, invece, fuori dagli ospedali, nei cinema, nelle piscine, negli hotel, nei ristoranti, sui treni e sugli aerei, e in tutti gli altri posti che siamo abituati a frequentare nei momenti di spensieratezza, dipenderà solo da quanto strenuamente difenderemo il nostro stile di vita e la nostra economia dal suo contagio.
7 marzo 2020 – © Riproduzione riservata