La vecchia discarica fa paura, ma non voti

stoccaggio-castelluccioNei giorni scorsi, in città, s’è ripreso a parlare, anzi, a sussurrare, della discarica dell’Ismar. Durante la Festa dell’Unità, infatti, il vicepresidente della Regione Campania, Fulvio Bonavitacola, ha promesso a Davide Bruno, segretario cittadino del Partito democratico, che i vertici di Palazzo Santa Lucia metteranno in campo ogni sforzo per far sì che la grande area in prossimità del Castelluccio, entro la quale cumuli di rifiuti hanno trovato per lungo tempo una generosa ospitalità, sia finalmente bonificata.
A sollecitare l’interesse dei democratici è stato Cosimo D’Andrea, elemento di spicco del Comitato Civico e Ambientale, che ha chiesto al numero uno del Pd battipagliese di approfittare della trasferta di Bonavitacola nel Salernitano per sottoporre al vice di Vincenzo De Luca la spinosa quaestio. La proposta degli ambientalisti prevede che la bonifica della vasta area collinare sia finanziata attraverso i fondi destinati alla terra dei fuochi. Eppure, a detta dei comitati, durante la kermesse democratica s’è parlato poco dell’argomento. Ma le rassicurazioni di Bruno rappresentano comunque un punto di partenza per i battipagliesi che da tempo bramano l’agognata bonifica.
Ma facciamo un passo indietro. Nel 2013 dalle stanze romane, viene finalmente divulgato un importante documento, redatto sedici anni prima. Nel 1997, infatti, la Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse aveva interrogato Carmine Schiavone, collaboratore di giustizia, in precedenza affiliato al clan dei Casalesi. In merito all’eventualità che, nella discarica di Battipaglia, fossero stati riversati rifiuti tossici, Schiavone parlò così: «Non lo so. Però, è possibile, visto che il sistema era unico, dalla Sicilia alla Campania. L’essenziale era il business. So per esperienza che, fino al 1992, la zona del sud, fino alle Puglie, era tutta infettata da rifiuti tossici provenienti da tutta Europa e non solo dall’Italia».
Quando, nel 2013, i sigilli di segretezza vengono tolti, l’opinione pubblica battipagliese, che, di consueto, “si costerna, s’indigna e s’impegna” come in una canzone di Fabrizio De Andrè, per poi gettare poco dignitosamente la spugna, è tutta presa dalle parole di Schiavone.
E nell’occhio del ciclone ci finisce l’uomo che, in quei mesi, indossa la fascia tricolore, che, come accade frequentemente lungo le sponde del Tusciano, non è un politico. Nel 2013, a Palazzo di Città, c’è il commissario prefettizio Mario Rosario Ruffo. Il prefetto si muove: prima, convoca i gruppi ambientalisti, i dirigenti del Distretto Sanitario 65 e i medici battipagliesi; poi, scrive una missiva al presidente della Regione Campania Caldoro. Un duplice buco nell’acqua.
Oggi dell’Ismar non parla più nessuno. Di questi tempi, d’altronde, tira più una croce con la matita che un carro di rifiuti tossici. “Voi che date conforto e lavoro”.

30 ottobre 2015 – © Riproduzione riservata
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