L’agibilità dei fabbricati
[di Chiara Dentato, notaio]
Il concetto di abitabilità degli edifici venne introdotto nel nostro ordinamento con il R.D. n. 1265 del 27 luglio 1934; tra le condizioni necessarie per il rilascio della relativa attestazione, si prevedeva che vi fosse conformità della costruzione al progetto approvato ed adeguata salubrità degli ambienti.
L’evoluzione normativa, che in passato ha legittimato anche un’agibilità formata per “silenzio – assenso” (decorso dei termini di legge senza il prodursi di un provvedimento formale da parte delle competenti autorità amministrative), ci porta all’attuale art. 24 del DPR 380/2001 (novellato dall’art. 3 co. 1 lett. I del D. Lgs. 222/2016) a mente del quale non è più previsto il formale rilascio del certificato di agibilità, ma resta affidato al professionista abilitato il compito di attestare la sussistenza delle condizioni di legge, attraverso la cosiddetta Segnalazione Certificata di Agibilità (SCA).
La SCA, corredata della documentazione prescritta, va presentata allo Sportello Unico per l’Edilizia entro 15 giorni dall’ultimazione dei lavori ed è immediatamente efficace, potendo l’edificio essere utilizzato dalla data in cui il protocollo è acquisito all’ufficio tecnico comunale. La SCA può riguardare l’intero fabbricato o parte di esso (agibilità parziale) e può essere inoltrata tanto dal titolare del permesso a costruire quanto dai suoi successori e/o aventi causa anche a titolo particolare, dunque dall’acquirente dell’immobile. Si segnala, per completezza, che il DPR 380/2001 aveva già ridotto a unità i termini di agibilità e abitabilità relativi ai fabbricati esistenti e ultimati. Fin qui l’excursus normativo.
Sotto il profilo pratico, la domanda da porsi è: un immobile privo del certificato di agibilità può essere oggetto di un valido atto di trasferimento? Certamente sì, ma occorre fare opportuni distinguo. In generale, la giurisprudenza ha sempre sostenuto che l’agibilità sia “requisito essenziale” del fabbricato, tanto da configurare la sua mancanza un’ipotesi di “aliud pro alio”, intesa quale consegna di una cosa al posto di un’altra (ex multis Cass. 6542 del 20 dicembre 1985). Detta ipotesi concerne l’immobile che sia totalmente privo del “requisito” di agibilità, per assenza dei presupposti necessari alla relativa attestazione: circostanza questa, ritenuta dalla Cassazione dirimente tanto da legittimare il compratore alla risoluzione del contratto di compravendita e conseguente risarcimento del danno.
Fattispecie diversa si realizza, invece, con l’assenza della certificazione di abitabilità non legata all’assenza dei requisiti originari, bensì alla mera mancanza della relativa documentazione: in tal caso, la mancata conoscenza da parte dell’acquirente di detta circostanza comporterà l’esistenza di un vizio non dichiarato e dunque occulto che potrà dar luogo, in favore del compratore, al solo risarcimento del danno.
Per quanto sin qui argomentato e considerata la funzione antigiurisdizionale riconosciuta al notaio, al fine di evitare l’insorgere di future controversie appare opportuno che in sede di stipula si regolamenti in maniera puntuale la questione relativa all’agibilità, mediante utilizzo di adeguate clausole che siano approvate espressamente dalle parti.
22 novembre 2019 – © Riproduzione riservata