Le fiabe per comprendere

[di Loredana Otranto]

Leggendo e rileggendo il libro della collega Anna Cappuccio, Il potere della narrazioneLa fiaba come cura dell’anima (edizioni Scatole Parlanti), risento la melodiosa voce di mia nonna, quando catturava narrando la mia attenzione e stimolava al tempo la mia curiosità. Ed è stupefacente come, non ricordando più i contenuti dei Cunti, io colga ancora, nitido, quell’indefinito e limpido vibrato, laddove, nella sua atemporalità, la parola si fa suono, il suono canto, il canto danza e nuovamente parola, riprendendo, all’infinito, il suo scorrere tra le dimensioni dell’anima.

Potrei affermare sic et simpliciter come questo libro raccolga le esperienze di una vita dedita all’ascolto e alla risoluzione dei disagi di una variegata gamma di individui. In realtà, esso è molto di piùdi un vademecum per gli addetti ai lavori e la sua platea di lettori. È infatti una riaffermazione del potere demiurgico della fiaba e il lascito di preziose conoscenze di una psicoterapeutache ha redatto pagine innovative sull’approccio e la cura dei malesseri psichici.

Il paradosso di questo saggio è che non intende una narrazione tesa a uno scopo, poiché nei Cunti e nelle Fiabe non ve ne sono affatto. Esso indica coinvolgimenti che non mirano a risultati definiti, ma si giudicano dall’impatto soggettivo che avranno su di noi. Narrare e narrarsi per capire chi siamo.

Immaginiamo un uomo che abbraccia una tigre. Noi giudichiamo con ammirazione il gesto audace e quasi mai l’insieme di paure che egli affronta in quel momento. La Fiaba ci potrebbe dire invece che tale rappresentazione simboleggia un uomo che convive coi propri demoni (emozioni negative), senza tentare di dominarli ma impedendo loro di dominarlo. La fiaba è la duttilità dell’inconscio contro la staticità dell’ego. Ed è questo potere, fluido e senza orpelli, che di volta in volta diviene un farmaco prezioso per i nostri mali, dalla solitudine esistenziale, alle passioni incoercibili, alle catene letali dei pregiudizi.

Nel libro i pazienti raccontano fiabe e questo permette loro di esorcizzare parti di sé quasi sempre in ombra. L’affabulazione diviene, dunque, uno strumento terapeutico per sanare le nostre ferite interiori. Potente perché, penetrando con la sua semplice complessità nell’immaginario collettivo, finisce col sublimarlo.

Un lascito importante scaturito dall’esperienza di Fabulando, un tour che ha coinvolto grandi e piccini in una kermesse con molte fiabe scritte e lette da adulti qui analizzate, e nelle quali possiamo riconoscerci senza tema di smentita. Oggi come ieri, sulla storia udita o creata ex novo si proiettano parti di noi inespresse e spesso non accettate della nostra interiorità. Ciò permette di attivare, attraverso i simboli presenti nelle storie, un’apertura verso l’inconscio altrimenti difficile da raggiungere, schiudendoci a nuove dimensioni di noi stessi, non ultimo il senso di appartenenza a un divenire non più temuto, ma semplicemente nostro.

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