Le proprietà del carciofo
[di Simona Otranto – Erborista]
Il carciofo, Cynara scolymus L., è una pianta erbacea, perenne, rizomatosa, con più gemme basali dalle quali si sviluppano foglie e fusti. Appartiene alla specie delle Asteraceae (Compositae). Le foglie possono essere lobate (foglie giovani disposte alla sommità del fusto) o pennatopartite (foglie adulte, presenti alla base), di colore verde più o meno intenso, talvolta grigiastro nella pagina superiore. La pagina inferiore è verde più chiaro o grigio per la presenza di peluria. Il fusto eretto può arrivare ad un’altezza di 160 centimetri. Le infiorescenze, dal colore violaceo, sono dei grossi capolini solitari inseriti su un ricettacolo carnoso circondato da numerose brattee (la parte che comunemente mangiamo). Hanno la capacità di coagulare il latte: da esse si ottiene un caglio vegetale che conferisce ai formaggi una consistenza burrosa e un delicato gusto amarognolo. La droga è costituita dalle foglie.
Il carciofo contiene innumerevoli componenti chimici che costituiscono il cosiddetto fitocomplesso, risultante dalla naturale combinazione di quello che viene ritenuto il principio attivo (o i princìpi attivi) con altre sostanze, terapeuticamente considerate inattive o con attività di natura diversa, che globalmente conferiscono alla pianta le specifiche proprietà terapeutiche per cui viene utilizzata. I principali componenti del carciofo considerati attivi sono divisi in tre classi di sostanze: composti caffeilchinici (acido clorogenico e cinarina), lattoni sesquiterpenici (quelle sostanze che contribuiscono al sapore amaro della pianta) e flavonoidi, (prevalentemente derivati del luteolo, luteolina, etc.). In particolare, le preparazioni a base di foglie basali sono antiossidanti, epatoprotettive, coleretiche, colagoghe, eupeptiche, antilipidemiche. Agiscono sui disturbi digestivi quali nausea, vomito, mal di stomaco, sensazione di gonfiore e sazietà. Favoriscono la secrezione, la fluidificazione e l’escrezione della bile nel duodeno, abbassano i valori di colesterolo nel sangue attraverso diversi meccanismi d’azione scientificamente dimostrati (inibizione dell’ossidazione delle LDL, escrezione del colesterolo grazie all’azione colagoga, inibizione della biosintesi). Tradizionalmente si utilizzano anche per l’attività antireumatica, diuretica, antiurica.
Il carciofo è indicato in casi di epatopatie, insufficienza epatica, colecistopatie, steatosi epatica (il cosiddetto fegato grasso), digestione lenta e difficile, sonnolenza post-prandiale, ipercolesterolemia, iperuricemia, ritenzione idrica.
La principale forma in cui si utilizza la pianta è il decotto ottenuto lasciando in ebollizione per 10-15 minuti circa 6 grammi di foglie secche. Il sapore è particolarmente amaro. Non sono stati riportati effetti collaterali rilevanti negli studi clinici effettuati. Possono verificarsi, in rari casi, lievi disturbi gastrointestinali. Il consumo di preparazioni a base di carciofo è controindicato nei soggetti allergici alla pianta o ad altri membri delle Asteraceae, in soggetti con ostruzione dei dotti biliari e nei casi di calcoli alla colecisti.
9 aprile 2022 – © riproduzione riservata