Livori in corso
Battipaglia come Roma: città aperta. Cioè sfracellata, sventrata. Un consorzio a irresponsabilità limitata di cantieri e sottocantieri, trasformazioni e manutenzioni. Un po’ tipo lo slogan della pubblicità di quel famoso dentifricio, negli anni ’70: ti spunta un fiore in bocca. Solo che qua, nel tempo intercorrente tra l’aprire il tubetto e risciacquarsi i denti, in bocca t’è spuntato un mattone. E calce, impalcature, recinzioni, lamiere. Nemmeno parti con l’auto, la mattina, che già trovi operai pronti a occuparne il posto con una micromartellatura, un rattoppo d’asfalto, una sostituzione volante di tubature. Lo sport del momento, insomma: smantelling. Tonifica più del jogging, anche se costa un po’ più della palestra.
Il fenomeno riguarda lavori pubblici e privati, senza distinzioni di sorta, con apripista – naturalmente – i due maxi-interventi che dicono non si potessero né rinviare né fare in maniera differita (cioè, non contemporaneamente): l’adeguamento di due ponti sul Tusciano, quello di via del Centenario e quello di via Clarizia. Roba che, come ormai s’è detto e stradetto da mesi, riuscirà a bloccare in un colpo solo tutto il traffico veicolare da e per le scuole cittadine, di ogni ordine e grado. Obiettivi prestigiosi, risultati d’eccellenza: pare che fino ad ora ci fossero riusciti solo esperti genieri dell’alleanza italo-prussiana nella terza guerra d’Indipendenza.
In ciò, però, come si diceva poc’anzi, i privati cittadini non sono da meno. A fronte di un rione Stella ingolfato dalla chiusura di via Clarizia, nelle stesse strade che credevi alternative partono lavori di manutenzione di facciate di palazzi che prendono interi vicoli e parcheggi. Via Mazzini e via Paolo Baratta ondeggiano di mini-recinzioni per rifacimento di balconi pericolanti e chincaglierie analoghe. Parole come organizzarsi, coordinarsi, pianificare appaiono sconosciute tanto negli uffici comunali che in soggiorni e sale da pranzo dei palazzi dei cittadini. La scarsa lungimiranza (e troppa burocrazia) istituzionale va a braccetto con un disinteresse e una mancanza di senso civico del privato che comincia a spaventare. Cosicché diventa tutto improcastinabile: la ristrutturazione della mansardina per il cane e i piccioni come il raddrizzamento del tombino dietro la piazza, risultato fuori asse di zerovirgolanovantasette decimi di millimetro a un’attenta analisi col microscopio.
Il problema è che tanto zelo, tanto dispiegamento di forze, sia sul fronte pubblico che su quello domestico, non li si riscontra quasi mai quando si tratta di fare sforzi per ridare un minimo di decoro alla città, ormai imbarbarita e deturpata da un’involuzione estetica senza precedenti. Erbacce tra i marciapiedi, scritte sui muri, cestini dei rifiuti divelti, interi condomini che disattendono la differenziata accumulando immondizia non ritirata, danno sempre più, al visitatore esterno, un colpo d’occhio da film post-apocalittico, a metà tra il set di “Io sono leggenda” e quello di “Jumanji”.
Lo so: “perdere i buoi e cercarne le corna” è un detto ormai banale, retorico e abusato. Eppure, con queste cicliche passate di smalto sulle unghie comunque sporche, è proprio quello che stiamo facendo.