Nero su… banco!
[di Ernesto Giacomino]
Piccoli redattori crescono. E bene, anche. Lo scorso numero s’è usciti con un logo, in testata, inusualmente colorato: non un “nero su bianco”, bensì un “arcobaleno su bianco”; uno sfoggio policromatico a rappresentare la vivacità, l’impegno e l’entusiasmo con cui un gruppo di studenti delle Marconi, grazie al progetto PON “Giovani reporter”, ha attuato e felicemente concluso una gradita “incursione” nel mondo del giornalismo locale.
Ché in fondo la realtà, vista attraverso gli occhi dei ragazzi, è di una semplicità disarmante: non fanno dietrologia, loro. Non hanno pregiudizi, non pongono domande ambigue per imbarazzare, non fraintendono le risposte per scandalizzare. Piuttosto – scevri, ancora, di quella deviazione d’intenti che è il tornaconto individuale – più degli adulti trasmettono un’idea di comunanza, di solidarietà, di condivisione degli obiettivi.
In un’intervista alla Sindaca, per dire, schietti e pragmatici hanno preteso notizie e tempistiche chiare circa l’abbattimento e la ricostruzione del loro plesso scolastico, ormai fatiscente. Hanno rivendicato il diritto a una palestra nuova, strappato la promessa di un’imminente ristrutturazione del campo da basket. Rimesso sotto i riflettori vecchie criticità del vivere quotidiano come la videosorveglianza delle strade o la gestione degli spazi verdi.
Con il Comandante dei Carabinieri hanno parlato di organizzazione della sicurezza cittadina, di azioni contro il bullismo scolastico. Di vocazione per l’Arma, anche. Di quali siano i reati locali più diffusi e quali, invece, rappresentino ancora un pericolo solo potenziale. Di quanto ci sia davvero da temere – al di là d’un galoppante allarmismo da social – a camminare per le strade di questa città: oltre una certa ora, oltre una certa zona, al di sotto di una certa età.
Si sono analizzati, poi. Hanno fatto sondaggi ed elaborato statistiche sulle peculiarità della loro generazione: gusti, abitudini, paure. Tendenza o meno alla convivialità, alla socializzazione. Quali siano – per loro, per la loro emotività, le loro aspettative – le difficoltà più segnanti in questi tempi di pandemia.
Ci hanno parlato della scuola, anche. Della loro scuola: della storia, dei trasferimenti da un sito all’altro, dei fautori e attori della crescita qualitativa e organizzativa dell’istituto. Dimostrando, in ciò, quel senso di appartenenza alla comunità che pare invece scivolare sempre più di mano alle vecchie generazioni.
Questo, e tanto altro ancora. Ogni riga, virgola, spazio, vergati con la voglia di imparare prima di divulgare, di conoscersi per far conoscere, d’informarsi per informare. I fondamentali del giornalismo, che sempre più spesso i giornalisti “veri” sono i primi a dimenticare: la disinteressatezza verso i secondi fini, il facile mecenatismo, la penna un tot al chilo. Verso quell’ansia da autocelebrazione che sempre, prima o poi, manipola la verità.
Ragazzi, allora, che imparando insegnano qualcosa: l’efficacia della neutralità, del sano disincanto, della demarcazione di una linea certa tra ideologia e ostinazione. Col sempiterno lusso, a quell’età, di poter dire alla folla quando il re è nudo.
Come si dice, insomma: buona la prima. Augurando loro, di cuore, che arrivi presto la prossima.
16 luglio 2022 – © riproduzione riservata