Onde violente | di Ornella Cauteruccio
Da quasi mezz’ora continuava a fissarlo senza decidersi: doveva portarlo, nascondendolo tra i solari e l’asciugamano, rischiando di rendersi ridicolo se uno dei suoi amici l’avesse casualmente scoperto oppure non era il caso? Il minuscolo pacchettino di carta colorata con scritto “condom” attendeva pazientemente la sua decisione senza mostrare alcun segno di impazienza, tanto era abituato al fatto che sarebbe rimasto intonso ancora per parecchio. Mirko scacciò infastidito quei pensieri assurdi e ricominciò a fantasticare su Luisa. Il fatto che lo facesse letteralmente impazzire oramai era chiaro a tutti, soltanto lei sembrava non accorgersene, o, forse, faceva solo finta, come fanno spesso le ragazze che se la tirano e vogliono essere corteggiate fino allo sfinimento prima di concedersi. La gita in piscina, decisa con tutta la comitiva, sarebbe stata l’occasione buona: Luisa sarebbe diventata la sua nuova ragazza.
Complice la bella giornata di sole, l’acquapark era affollatissimo. Lilla e la sua mamma erano arrivate presto e si erano sistemate in prima fila davanti alla principale attrazione della struttura: la grande piscina con le onde artificiali. Lilla ne era affascinata: le onde seguivano la musica che sgorgava assordante dagli altoparlanti, e i ragazzi vocianti e allegri che l’affollavano sembravano divertirsi un mondo.
Soltanto per un attimo, un brevissimo, interminabile attimo, Lilla si sentì sola come mai prima di allora. La sensazione profonda di solitudine scomparve al richiamo della madre: «Lilla, tesoro, vai a fare il bagno nelle onde e balla pure tu, altrimenti cosa siamo venute a fare?». Si sentiva un poco intimorita, ma il desiderio di lasciarsi avvolgere dalle onde, di ballare e divertirsi come tutti quanti gli altri, era troppo forte e poi doveva inaugurare il costume nuovo. Fece un bel sospiro e si lanciò di corsa nel mucchio. L’acqua era bellissima e tutta quella schiuma le faceva il solletico dappertutto e la faceva ridere a crepapelle: era una sensazione stupenda. Lo sapeva che sarebbe stata una giornata bellissima.
Oramai ne era certo: Luisa ricambiava le sue attenzioni. Presto sarebbe caduta nella rete e lui avrebbe vinto la scommessa fatta con gli altri. Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso: era troppo bella e provocante in quel minuscolo bikini giallo. Sentiva l’eccitazione della vittoria imminente fremere su ogni singolo centimetro di pelle e, di pari passo, cresceva anche l’euforia. Mentre ballava cercava di non perdere mai il contatto visivo con la sua preda, avvicinandosi piano, ma costantemente. Era oramai vicinissimo quando se la ritrovò improvvisamente davanti ad impedirgli il passaggio; con quello stupido e improbabile costume brillantinato e il sorriso a trentasei denti stampato sulla faccia. Di sicuro non faceva parte della comitiva. Rapidamente l’euforia lasciò il posto alla rabbia: «Cos’hai da ridere, stupida?» e poi, rivolgendosi al resto del gruppo, «Ehi, ragazzi, miss unicorno rosa deve essere scappata dalla colonia dell’asilo! Rimandiamola nella piscina dei bambini!» e così dicendo incominciò a schizzarle l’acqua addosso con tutta la foga di cui era capace, seguito a ruota dagli altri membri della comitiva.
Lilla non capiva. All’inizio stava al gioco, voleva divertirsi anche lei, ma poi incominciò a sentire gli occhi che le bruciavano, sentiva l’acqua sommergerla da tutti i lati, la sentiva entrare nel naso, nella bocca, dappertutto… annaspava, non riusciva più a respirare. Non era un gioco. Stavolta l’aveva capito anche lei, mentre le lacrime si mescolavano all’acqua salata.
«Lilla, avanti, sbrigati. Troveremo un sacco di traffico sulla strada del rientro». Non si era mai spiegata perché quella figlia così strana, diversa, fosse capitata proprio a lei. Oltretutto, dopo la separazione, era stata costretta a farle anche da padre e a lavorare durissimo per riuscire a tirare avanti in maniera dignitosa. Amava profondamente quella dolce bambina intrappolata in un corpo di donna, ma quando si ritrovava a pensare al suo futuro riusciva a vedere solo ombre. Avrebbe voluto essere magica, come le fate di quei disegni, e riempire la vita di Lilla di colori, ma non ne era capace. Non lo era mai stata e questo pensiero la rattristava moltissimo.
«Allora, ti è piaciuta la giornata?». Lilla non rispose alla domanda, ma seguendo il filo spezzettato dei suoi pensieri «Mamma, avevi ragione tu. Non indosserò più questo costume e non voglio più venire in piscina. Le onde erano troppo violente. Voglio andare soltanto sull’altalena e fare finta di volare». Un giorno, forse, avrebbe capito più cose, adesso desiderava soltanto ritornare a casa.
15 maggio 2021 – © riproduzione riservata