Padre e figlio
[di Lucio Spampinato]
Nel tempo piovoso di dicembre, un uomo si ferma ad una stazione di servizio ed entra nel negozio per comprare una scatola di ammezzati. Suo figlio è seduto in auto e gioca con un piccolo tablet. Le lucine colorate danzano sullo schermo e il piccolo muove le dita con sapienza e sorride, quando segna un goal. Attraverso i vetri bagnati, il padre vede solo macchie luminose che si muovono. Il bambino sembra sereno, forse è contento. Il papà ha preso un caffè veloce al bar e ora accende un sigaro. Gli piace chiudere gli occhi e sentire quella pioggia sottile mescolarsi al fumo, lo aiuta a pensare. Gli sembra di essere altrove. Dalla collina a ridosso della strada, arriva forte l’odore della terra bagnata e delle erbe. Più su, è la montagna a dominare, esercita su di lui un’attrazione gravitazionale minima ma un richiamo potente di suggestione, una mistura psicologica di ricordi.
Più a valle, in un campus universitario un giorno ha studiato, gli sembra una vita fa. Quella montagna avrebbero dovuto scalarla dopo un esame, lui e un compagno, ma non se ne fece più niente. Alle sue pendici, tante casette sparse con giardini pavesati a Natale che anche quest’anno arriverà puntuale come sempre. Come una sorpresa conosciuta, come un giallo ormai risolto. Pensa che, in fondo, lo aspetta ancora il Natale: ogni anno l’animo è nuovo! Vede segnali di gioia in ogni giardino di periferia, ma non ci sono anime sulla strada e in fondo ai viali vuoti. Vorrebbe saper trovare nel cuore gesti come di carezze e lasciare andare la notte, lasciarla andare come un addio. Ma torna con la mente a suo figlio, getta via ciò che resta del sigaro e rientra in macchina. Ora, Stefano e Nicolas, padre e figlio, percorrono l’ultimo tratto di autostrada, verso il megastore di mobili più grande della provincia. Stefano 32 anni, Nicolas 7. Anna, moglie e mamma, è andata via, dopo un periodo di confusione su prospettive, carriera, sogni, fatica quotidiana ad accudire il piccolo e un po’ di sotterranea, persistente depressione. Stefano non parla mai male della mamma; a volte ipotizza anche un suo ritorno, tanto per far contento Nicolas. Un lavoro perso costringe Stefano a vivere con suo figlio un po’ in auto e un po’ in qualche modesto motel, in attesa di tempi migliori. Ovviamente, il bambino va regolarmente a scuola ma l’argomento casa non deve arrivare alle orecchie degli assistenti sociali.
«Che lavoro fai, papà?» domanda ogni tanto Nicolas. «L’ingegnere informatico! Per la precisione, esperto di reti informatizzate per i sistemi di sicurezza», risponde Stefano ogni volta. «E anche il funambolo e l’illusionista!», pensa poi, per come è impegnato a reggere il fragile equilibrio delle loro vite e a rappresentare al figlio come fantasmagorica l’attuale esistenza disseminata di incertezze.
A Nicolas piace molto venire in questo posto in cui sono esposte decine di stanze arredate, tutte diverse l’una dall’altra; gli sembra di abitare in un castello, una tenuta immensa in cui non ci si annoia mai. Perciò, comincia il suo percorso col saggiare le diverse camerette allestite: una con il letto coperto da un telo stile conestoga del West, un’altra con due letti a castello e con una torre di guardia, magari da contendersi fra due fratellini, un’altra ancora stile college o alla marinara, con finte vedute alle finestre verso cui, in mancanza di altri paesaggi, lo sguardo si può ancora perdere. Ma non adatte ovviamente per le persone perfettamente normali che, com’è noto, hanno poca fantasia. In un paio di queste camerette, arredate con mille accessori, ci sono anche passaggi di comunicazione da una stanza all’altra, con delle tende basse e tubolari in cui i bambini che non gradiscono essere lasciati alla locale ludoteca possono sfrenarsi senza pesare troppo sui genitori. In luoghi come questo, le mamme si inebriano, si eccitano al pensiero della novità e dell’imminente acquisto mentre i papà spesso si trascinano abulici fra i reparti, con guinzagli invisibili al collo. Ma Stefano non è dei loro, lui qui ci viene per amore di Nicolas. Una cosa che a loro piace tanto di questo luogo è che qui c’è un ristorante dove ogni tanto padre e figlio pranzano o a volte cenano, come appunto stasera: una sera fredda di dicembre, di quasi Natale.
Oggi, 6 dicembre, Nicolas festeggia onomastico e compleanno. Dopo aver mangiato tante cose buone, Stefano compra al bar una piccola torta; ha portato persino le candeline e Nicolas, con gli occhi ridenti, le spegne. Anche altri clienti si associano agli auguri con applauso finale. Stefano tira fuori il regalo: un vero pallone da calcio con lo stemma della loro squadra del cuore. Nicolas è felice. Prima di andare, c’è tempo per un altro giro dei reparti. Quando il percorso guidato costeggia una vetrata, Nicolas esulta: «Papà, guarda, nevica!». Fuori, in controluce rispetto ai fari esterni dell’edificio, dei fiocchi ancora piccoli cadono ora numerosi. Nicolas dice: «Come sarebbe bello stanotte restare qua».
Senza pensarci tanto, Stefano estrae il suo pc dallo zaino e si collega alla rete del negozio. Gli impiegati si sono allontanati. Si preparano a uscire. In un baleno, Stefano intercetta la rete dei sensori e delle telecamere e neutralizza la sorveglianza di un ampio settore in cui è riprodotto un mini appartamento con una vetrata che dà sull’esterno. Chiude le tende e chiede al figlio di giocare a nascondersi per un poco, senza parlare. Lo sa che è una cosa sbagliata ma pensa che questa è una notte unica, da non essere dormita in una fredda automobile. Alle 22,30 si spengono le luci e nel piccolo appartamento Stefano e Nicolas si sono stesi sul letto e guardano i fiocchi, ormai grandi, cadere leggeri, alla luce dei fari esterni. Le coperte sono più che abbondanti e presto si addormentano: l’uno è la forza dell’istinto di proteggere e confortare, l’altro una fragilità alla ricerca di un punto fermo, un approdo sicuro nella notte fredda. Nicolas con una manina stringe il volto di suo padre e così li sorprende il mattino.
13 dicembre 2024 – © riproduzione riservata