Palazzo Lanzetta, il Tar respinge il ricorso

[di Carmine Landi]

Si resta fermi. Ancora una volta. Lo scheletro che svetta sulla villetta comunale di via Domodossola rimane lì, in tutta la sua incompiuta decadenza. Il Tribunale amministrativo regionale ha parlato chiaro: i lavori non possono ripartire. Per Giovanni Lanzetta, patron della Servizi e Sviluppo, la società che ha acquistato l’immobile all’asta, le alternative sono due. E nessuna delle due è in discesa. Potrebbe chiedere un nuovo permesso di costruire all’Ufficio tecnico del Comune, che però non avrebbe mai autorizzato quei lavori se il primo diniego non fosse stato cancellato – per un cavillo – dai giudici amministrativi. Oppure, può aggrapparsi alla speranza che il Consiglio di Stato ribalti tutto. Ma oggi, le carte parlano chiaro. Il verdetto del Tar? Tutto illegittimo. Le toghe della Seconda sezione del Tar di Salerno (presidente Nicola Durante, estensore Michele Di Martino) hanno scritto nero su bianco che la sospensione imposta dal dirigente dell’Ufficio tecnico, l’ingegnere capo Carmine Salerno, è ineccepibile. Nessun dubbio. Sentenza breve, nessun provvedimento cautelare. “Il Comune di Battipaglia ha fatto buon governo dei propri poteri”, scrivono i giudici, spiegando che l’edificio non può essere regolarizzato perché le modifiche erano già state eseguite prima ancora che la Scia venisse presentata. E senza titolo edilizio i lavori restano abusivi. Tradotto: la Segnalazione certificata di inizio attività (Scia) del 9 dicembre 2024 è arrivata troppo tardi rispetto all’avvio delle opere. Opere che, nel frattempo, hanno stravolto il progetto originario: si tratta dell’incremento delle superfici di solaio, delle balconate più ampie e d’un tetto a falde al posto del lastrico solare. 

Modifiche pesanti, per tecnici e giudici. Modifiche che non possono essere coperte da una semplice Scia. L’ingegnere Salerno e il responsabile dello Sportello unico edilizia, Daniele Marzullo, avevano già rilevato “una rilevante modifica dei prospetti e dell’ingombro”. Serve un permesso di costruire, non una semplice segnalazione. Lanzetta e la sua azienda, assistiti dall’avvocato Marcello Fortunato, sostenevano che il Comune avrebbe dovuto aiutare a regolarizzare l’immobile, concedendo autorizzazioni anche a posteriori. Ma la linea del Municipio, difeso dai legali Sabato Criscuolo ed Ennio De Vita, è stata confermata in toto dal Tar. Una storia infinita. Uno scheletro che cambia padrone, ma non destino. Nel 2010, il rudere fu sequestrato alla Sian, la vecchia proprietà. Nel 2018, la Corte d’Appello dichiarò il non luogo a procedere per prescrizione. Nel frattempo, la società dei Lanzetta lo acquistò all’asta per ultimarlo. E invece, l’ennesimo stop. L’Ufficio tecnico ha già messo in chiaro che scatteranno misure repressive definitive. Per ora lo scheletro di via Domodossola continua a restare in piedi. Quindici anni dopo, nulla è cambiato.

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