Petrone: «Solo i battipagliesi possono salvare la città»
È un lunedì di metà gennaio. Nella voce di Cucco Petrone, uno dei portavoce di Battipaglia dice no, c’è la stanchezza di chi porta avanti da mesi una dura lotta contro i giganti, ma pure la determinazione di chi non arretra d’un millimetro. Il gioco si fa duro, e di risultati se ne vedono pochi, ma il comitato nutre una speranza che ha più di 50mila volti: «Solo i cittadini possono interrompere tutto».
Sembra che la lotta si sia affievolita…
«È vero, e accade sia perché una battaglia di mobilitazione popolare non può essere tenuta sempre ai massimi della tensione e sia perché il comitato ha dovuto prendere atto della scarsa attenzione da parte dell’amministrazione, contraria a parole ma morbida sui fatti».
Cosa avrebbe potuto fare Cecilia Francese?
«Creare disagi ai comuni che conferiscono pattume negli impianti cittadini, per esempio con una delibera che imponesse ai camion dell’immondizia di circolare per sole due ore al giorno. Qualcuno la impugna? Intanto in due mesi crei un disagio enorme e riporti la vicenda Battipaglia al centro dell’attenzione regionale. E poi avevamo chiesto di fermare i camion e di controllarli, di fare ostruzionismo, ma non s’è visto nulla».
Taciti alleati della giunta regionale?
«Ho paura che sia così. Il 16 in consiglio sono stato accusato di aver vilipeso delle istituzioni, ma il vero vilipendio è rappresentato da due categorie di sindaci: i cani da salotto, pronti a soddisfare qualsiasi scelta perché legati a Vincenzo De Luca, e i cagnolini circensi, che per la prebenda sul finanziamento s’alzano sulle zampette posteriori. Non sono sindaci disonesti, ma sono incapaci di progettualità creativa; gli interessa di più il piccolo finanziamento per le fioriere per poter dire d’aver fatto qualcosa nel loro mandato, e tutto ciò che materialmente non si vede diventa sacrificabile in cambio delle cose che i cittadini possono osservare. È frutto dell’assoluta mancanza d’un’idea progettuale per la città, e non parlo solo d’ambiente…».
L’impianto si farà?
«Temo di sì. I battipagliesi sono sfiduciati e l’amministrazione non intende ostacolare una decisione già presa. Se non lo si fa, è per incapacità della giunta regionale, che ha fatto un piano del rifiuto solido urbano che fa acqua da tutte le parti, prevedendo per la differenziata dati fasulli che non raggiungeremo mai. I cittadini potrebbero interrompere tutto comprendendo che la salute dobbiamo difendercela da soli…».
Perché non è ancora stato convocato un consiglio congiunto?
«Non vogliono lottare. Col consiglio davanti allo stir, l’attenzione cresce: a seguirlo ci vanno duemila persone che alla fine restano lì per una chiacchierata. Il consiglio diventa un presidio. La Francese ha detto che s’incatenerebbe, ma sarebbe più disponibile a chiamare la banda per accogliere le 35mila tonnellate di rifiuti, e non è alleata: ha solo annacquato il brodo».
Il nocciolo della protesta non è l’impianto?
«Il problema non è la ciliegina sulla torta dell’impianto di compostaggio; noi diciamo no alla torta intera, che mira a fare di Battipaglia la capitale industriale della trasformazione del rifiuto. La presenza degli impianti pubblici è un effetto valanga innescato dall’insediamento del tritovagliatore. E nel frattempo è mancata l’idea d’elaborare uno sviluppo ventennale d’una città».
In quegli anni lei c’era…
«Nel ’98 e nel ’99, quando Battipaglia era amministrata dal centrodestra e c’erano parlamentari di centrodestra e Rastrelli era il presidente della Regione Campania, si pensò di portare l’inceneritore qui: il motivo era nella collocazione spaziale della città e nella presenza di piccole infrastrutture. Poi ci offrirono come via d’uscita il tritovagliatore, una limitazione del danno, e accettammo il ceffone perché si paventava un massacro».
E i politici d’allora?
«Fernando Zara non fece mistero di essere favorevole all’inceneritore. E poi c’è quel senatore battipagliese (Roberto Napoli, ndr) che parla di un fantomatico emendamento che, su sua richiesta, la sua parte politica avrebbe approvato in consiglio regionale, ma a quell’epoca il piano era di esclusiva competenza della giunta regionale e non passava all’attenzione del consiglio, e allora io sfido quel senatore a portarci il testo dell’emendamento. All’epoca ebbi solo un alleato decisivo grazie al quale si scongiurò l’arrivo del termovalorizzatore, ed era Alfonso Andria. Gli altri vadano a fare letteratura…».
Sembra sicuro di quel che dice…
«Ho la bozza originale d’un documento con le firme di Fernando Zara e Roberto Napoli, i quali dicevano che Battipaglia era disponibile a ospitare il termovalorizzatore».
Però nella maggioranza di Antonio Bassolino c’era Petrone.
«Ma quando una consorziata Fiat viene a fare l’affare dei rifiuti in Campania, Rifondazione apre una vertenza con l’amministrazione Bassolino e si pone di traverso. E nel partito Gennaro Migliore avvia la telenovela “Stalin a Forcella”, e due compagni napoletani furono messi subito alla porta. Io resistetti un po’ di più, ma poi Migliore commissariò la federazione salernitana e s’avviò la mia espulsione, ma me ne andai tre giorni prima d’essere cacciato».
Cosa possono fare i battipagliesi in tre mosse?
«Punire il partito dell’amministrazione regionale: non un voto al Pd il 4 marzo, e prima di quel giorno tutte le manifestazioni pubbliche di dem e ammennicoli devono andare deserte. E poi bisogna stare vicini al comitato, che ha bisogno della forza dei numeri, e affiancare pure qualsiasi altro gruppo di cittadini che lotti per l’ambiente».
Perché c’è chi parla d’una città anti-compostaggio? Errori di comunicazione?
«Non credo. I no-tav in Val di Susa non sono contrari all’alta velocità; dicono solo che la Torino-Lioni creerebbe situazioni di pericolo, ma chi è favorevole finge che s’oppongano all’idea di tav. Fa comodo far credere che l’avversario non comprenda…».
Petrone si candida?
«Ho già detto che non mi sarei candidato alle politiche, tant’è che ho ricevuto una proposta ma l’ho rifiutata: la cosa più importante non è il mio impegno diretto in politica. M’interessa dare il massimo per questa battaglia. Poi il resto dipende dal comitato: se intende trasformarsi in un perenne comitato di lotta sull’emergenza ambientale, posso fornire il mio supporto. Se è il primo vagito d’un movimento politico? Non m’interessa saperlo».