Pranzare con i cyberbulli

Consumare il pranzo o la cena in famiglia fa bene ai figli: ben tre lavori scientifici pubblicati recentemente lo confermano. Due studi sul Journal of Adolescent Health ed uno su Jama Pediatrics hanno dimostrato che pranzare insieme è un’abitudine che protegge la salute mentale degli adolescenti prevenendo i comportamenti a rischio e l’uso di droghe.
Lo stare insieme a tavola e con la televisione spenta è un’occasione per raccontarsi, esprimere i propri sentimenti e preoccupazioni, confrontarsi e scontrarsi ma anche conoscersi meglio, prendere coscienza di appartenere ad un gruppo solidale, sentirsi meno soli.
Spesso i giovani affrontano situazioni di crisi nel corso della loro crescita: ultimamente se ne sono aggiunte di nuove quali il bullismo ed il cyberbullismo. Sono stati studiati 18834 studenti americani di scuola media e superiore: il 19% di loro è risultato esserne vittima, uno su cinque. Internet, che ha appena festeggiato i suoi 30 anni, con le reti sociali ha creato un mondo online che per i ragazzi ha certamente dei benefici ma che può anche provocare potenziali danni. Il cyberbullismo è ormai una preoccupazione primaria in termini di sicurezza e di salute mentale. Gli studi confermano che maggiore è la frequenza di esposizione agli atti di bullismo più aumentano i disturbi mentali come depressione, disturbo d’ansia, crisi di panico, ideazione suicidaria e più aumenta il ricorso all’abuso di sostanze stupefacenti. Facebook è la piattaforma più utilizzata dai partecipanti: insulti, pettegolezzi, dicerie, nonché immagini e foto sono comuni forme di bullismo sui social media. I dati che emergono quasi quotidianamente dalle cronache evidenziano nel bullismo, e in particolare nel bullismo della rete, i segnali di una vera e propria emergenza educativa.
Un’indagine svolta recentemente dal Censis e dalla Polizia postale nelle scuole, con un questionario rivolto ai dirigenti scolastici, ha evidenziato che per il 77% dei presidi delle scuole italiane medie e superiori internet è l’ambiente dove avvengono più frequentemente i fenomeni di bullismo, più che nei luoghi di aggregazione dei giovani, nel tragitto tra casa e scuola o all’interno della scuola stessa. Il 10% dei presidi ha dovuto gestire personalmente casi di sexting (l’invio con il telefonino di foto o video sessualmente espliciti) e il 3% casi di adescamento online.
Il cyberbullismo è un fenomeno difficile da mettere a fuoco sia per la grande varietà di comportamenti che possono essere qualificati come bullismo digitale, sia perché gli adulti sono esclusi dalla vita online degli adolescenti. Il 77% dei presidi ritiene il cyberbullismo un vero e proprio reato, tanto che nel 51% dei casi si sono rivolti alle forze dell’ordine. Per l’81% dei dirigenti scolastici i genitori tendono a minimizzare il problema, ritenendo il bullismo digitale poco più che uno scherzo tra ragazzi. Il 49% dei presidi rileva che la maggiore difficoltà da affrontare è rendere consapevoli i genitori della gravità dell’accaduto. Il 93% dei presidi ritiene che l’esempio dei genitori influenzi molto o abbastanza il comportamento dei cyberbulli.
L’assenza dell’intervento educativo dei genitori porta i ragazzi aggressivi a pensare di poter vivere al di fuori di ogni regola civile, di potersi sentire sempre più autorizzati a fare ciò che considerano divertente, pur sapendo che potrebbe avere conseguenze disastrose sui loro coetanei più vulnerabili.
I ragazzi vittime credono che poco si possa fare per combattere i cyberbulli, non parlano in famiglia dei loro problemi, spesso non trovano le occasioni giuste per farlo, tendono ad isolarsi. Gli studi ci ricordano che lo stare insieme a tavola diventa un momento prezioso per essere vicini ai figli e per cercare di capire cosa sta succedendo, per dare loro la certezza che si è presenti e pronti ad intervenire quando necessario.

6 maggio 2016 – © Riproduzione riservata
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