Quando il bambino è plusdotato

[di Anna Lambiase – psicologa]

Molti bambini possono sviluppare capacità intellettuali superiore alla media. Sono bambini che hanno capacità di verbalizzazione, astrazione, lettura e calcolo nettamente più alta rispetto alla media del livello scolastico di appartenenza. Il loro sviluppo cognitivo segue delle velocità diverse e, di fatti, il linguaggio è estremamente forbito, accompagnato da un’alta sensibilità che oltre ad essere un aspetto estremamente importante e una risorsa, si presenta come una leggera condanna, in quanto assorbono tutto in maniera amplificata, sia la gratificazione, che il rimprovero. La plusdotazione comporta una convivenza continua con la frustrazione, non solo per il bambino stesso, ma anche per la coppia genitoriale. Difatti, il loro eloquio è talmente ben strutturato da divenire polemico, in quanto sono capacissimi di controbattere fornendo un’ottima analisi. Il genitore, difronte a questa funzione verbale, si sente disarmato e smarrito e crede di perdere potere nel proprio ruolo genitoriale. A livello comportamentale, vediamo un’alta incongruenza, che fa sentire il genitore ancor più disorientato: se da una parte ha un figlio con capacità intellettive superiori, al punto di poter affrontare qualsiasi argomento, dall’altra vede lo stesso bambino reagire in maniera esagerata se si rompe un giocattolo. Inoltre, vi è una tendenza al raggiungimento della perfezione che può comportare una grande paura di fallire. 

La loro alta sensibilità, fornisce un bagaglio ricco di sentimenti forti ma anche di momenti di forte tristezza interiore. La loro complessità si evidenzia, appunto, con le emozioni. La loro ansia è maggiore, così come la loro conoscenza rispetto al tema della morte; consapevolezza che può portare a stati depressivi. Per il genitore, relazionarsi con il figlio plusdotato può divenire difficile, ma ricordiamo che le loro grandi risorse possono svilupparsi in modo funzionale. Innanzitutto, la coppia genitoriale, messa sotto pressione dalle manipolazioni del figlio e dagli stati umorali repentini, possono andare in tilt. Allora è il caso di creare la cosiddetta “alleanza genitoriale” che comporta un continuum unico e coerente, in cui entrambi i genitori possono utilizzare strategie comuni, come quella di enfatizzare l’impegno del figlio rispetto al risultato su di un compito, esercitare una maggiore comprensione e non il continuo richiamo, non minimizzare le reazioni di pianto e tristezza, ma accogliere le emozioni del figlio e, imparare assieme, attraverso la comunicazione verbale, a non controbattere in una dialettica di sfida. 

Ricordiamo che il bambino plusdotato può vedere nell’Altro una persona che ferisce. Non perché sia effettivamente così, ma la sua sensibilità attiva stati interni di emotività molto forti. Per difendersi da questa emotività, inizia una strategia finalizzata all’allontanamento sia verbale che comportamentale. Tende a sfidare continuamente per allontanare. In risposta, il genitore deve modificare questa dinamica circolare di provocazione e sfida, trasformandola in ascolto e rassicurazione.

*psicologa, esperta nei disturbi dell’apprendimento

15 maggio 2021 – © riproduzione riservata

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