Quei bambini feriti due volte
[di Benedetta Gambale]
Famiglia. Una sola parola che racchiude in sé amore e sicurezza. Eppure, non tutti hanno la fortuna di averne una o, in alcuni casi, la libertà di poter scegliere quali persone amare. Bambini orfani o abbandonati, vite sospese tra il buio degli istituti e la gioia del profumo di una famiglia vera e propria. Non sono scene da film, ma di vita reale vissuta da bambini e adolescenti che ogni sera si rifugiano nei sogni con la speranza di riaprire gli occhi circondati dal calore di una casa.
È questo il sogno di Matsvei, un tredicenne bielorusso che da anni ha trovato il suo nido a Battipaglia. Ma l’emergenza sanitaria che in questi mesi ha bloccato interi Paesi, ha costretto lui e tanti altri a essere in contatto con la propria famiglia adottiva solo attraverso il monitor di un computer. Matsvei, infatti, è lontano da più di anno dall’Italia, dalla sua casa di Battipaglia, e la mancanza dell’affetto familiare si fa drammaticamente sentire.
«Molte sono le famiglie rimaste ferme negli iter procedurali – racconta Stefania Apostolico, l’aspirante mamma adottiva di Matsvei e avvocato di diritto di famiglia e di adozioni internazionali. Il problema è che non si tratta solo di una procedura interrotta, ma di sogni spezzati. Con l’associazione Puer di Roma e altri genitori ci stiamo impegnando per consentire il prosieguo delle adozioni e il rientro di questi ragazzi, ma non è semplice, anche perché ogni Paese ha leggi diverse. In estate è stato predisposto un protocollo con il Ministero degli Esteri, il Ministero della Salute e quello delle Politiche sociali per far tornare questi bambini in Italia in tutta sicurezza, ma non c’è stato verso. A noi genitori piange il cuore a non poter stringere tra le braccia i nostri figli».
Tra Covid e varie difficoltà, parrebbe che il rientro e l’adozione di questi ragazzi interessi solo alle persone direttamente coinvolte. Così, mentre migliaia di bambini e ragazzi aspettano nel limbo, la burocrazia continua a prediligere la strada della lentezza. L’iter per un’adozione internazionale non solo è costoso, ma lungo e sfiancante. Diverse sono le coppie che arrivano stremate a metà percorso e tante sono le piccole vite a cui vengono infranti i sogni. «Quando una coppia decide di adottare un bambino – prosegue l’avvocato Apostolico – il primo passo è di dichiarare la propria disponibilità al Tribunale dei minori che valuta se ci sono i requisiti necessari, come essere sposati o convivere da almeno tre anni. A questo punto iniziano gli screening psicoattitudinali, medici, economici: un percorso che dura mesi e mesi. Adottare un bambino e sapere di potergli regalare dei sorrisi veri, però, è una gioia indescrivibile».
L’impegno di tanti genitori adottivi e affidatari è commovente e spesso si scontra con una burocrazia sorda; la speranza di tutti è che si trovino le soluzioni per ridare a lui e ai tanti bambini come lui il diritto a una famiglia.
27 febbraio 2021 – © Riproduzione riservata