Roma, Milano, New York: Paolo Bini senza confini
[di Benedetta Gambale]
Paolo Bini, nato a Battipaglia nel 1984 e diplomatosi in scenografia all’Accademia di Belle Arti di Napoli, ha posto l’arte al centro della sua vita. Un artista che si sta affermando sempre di più nel panorama internazionale, aggiudicandosi premi rinomati ed esponendo in grandi musei. Tra gli ultimi “riconoscimenti” è arrivato quello di un grande della musica italiana: infatti, fino al prossimo 27 marzo, la su opera Cromatismo emozionale in ritmo variabile farà da scenografia ai concerti di Francesco De Gregori al Teatro Garbatella di Roma (nella foto).Abbiamo deciso di intervistare Paolo Bini ritenendolo motivo di orgoglio per la nostra città.
Com’è accaduto che la tua opera è stata scelta da De Gregori?
«Sono entrato in contatto con Francesco De Gregori grazie al suo manager Vincenzo “chips” Lombi che, con Maria Letizia Paiato, ha reso possibile questo progetto. Ho lavorato con cromatismi in grado di reagire alle luci teatrali; infatti l’opera, in teatro, trova una collocazione naturale, per via della sua variabilità, interpretando la necessità espressiva di De Gregori, che propone, sera per sera, una scaletta quasi improvvisata».
Come musica e pittura possono dialogare tra loro?
«Le arti si devono incontrare ha affermato De Gregori. È una collaborazione che ha avuto la sua estensione in un luogo (per me) inusuale; luce, suono e parole danno forma a un’osmosi, oserei dire, aurorale».
Il paesaggio è centrale nelle tue composizioni. Si potrebbe parlare di paesaggi interiori? Con le giuste tonalità e sfumature riesci a toccare l’animo di chi guarda le tue opere.
«Certo! Il paesaggio è il mio tema principale. La possibilità di viaggiare e mettermi a confronto con nuove realtà ha modificato, e ancora oggi muta, le capacità espressive del mio lavoro, trasformando ciò che ho osservato in sentito».
Quali sono i progetti in cantiere?
«Il 5 aprile inauguro una personale dal titolo Spazi immensi, a cura di Luca Beatrice, nello stand di Intesa Sanpaolo, nell’ambito della Fiera Internazionale MiArt, a Milano. Mentre da aprile a giugno lavorerò a un progetto di ricerca e produzione presso l’ISCP – International Studio & Curatorial Program di New York».
Giovanissimo, stai realizzando il tuo sogno. Quale consiglio daresti ai giovani che vogliono affermarsi nel mondo dell’arte?
«Domanda insidiosa. Ho solo 34 anni, non credo di essere “vecchio” abbastanza per dare consigli. Posso solo dire che si tratta di un lavoro estenuante, che spesso porta a sacrificare famiglia, amici, e abitudini. Armatevi di infinite risorse di resistenza».
Foto di Daniele Barraco ©
23 marzo 2019 – © Riproduzione riservata