San Gennaro (19 settembre)
San Gennaro è uno dei santi più noti della cristianità, venerato in tutto il mondo e particolarmente caro a noi campani. Ianuario, vescovo di Benevento all’epoca dell’imperatore Diocleziano, dunque nel IV secolo, durante le persecuzioni promosse dall’imperatore nel 303, viene catturato con i compagni Festo, Desiderio, Procolo, Eutichete e Acuzio. Tutti vengono condannati “ad bestias”, cioè ad essere sbranati dalle belve nell’anfiteatro di Pozzuoli. Sulle modalità del martirio le poche notizie a disposizione divergono: secondo alcune fonti il ritardo di un giudice avrebbe salvato Gennaro dalla morte nell’anfiteatro e lo avrebbe destinato alla decapitazione. Un’altra teoria, assai più suggestiva e spesso rappresentata nella tradizione iconografica gennariana, i leoni feroci, di fronte al santo si sarebbero fermati rifiutandosi di divorarlo e anzi gli si sarebbero accucciati accanto. Comunque sia andata, certo è che il 19 settembre 305 presso la solfatara di Pozzuoli Gennaro viene decapitato e una donna raccoglie, secondo la tradizione, il suo sangue in due ampolle, forse le stesse che oggi sono custodite nella cappella dedicata al santo presso il Duomo di Napoli.
La prima liquefazione del sangue di san Gennaro ufficialmente documentata risale al 1389, annotata sulle pagine del “Chronicon Siculum”. Il miracolo da allora si ripete ogni anno nelle tre date legate al culto del santo: la vigilia della prima domenica di maggio, in memoria della traslazione delle reliquie, il 16 dicembre, anniversario dell’eruzione vesuviana del 1631 durante la quale i napoletani invocarono il santo e il 19 settembre. La cerimonia che si svolge nel Duomo di Napoli in queste date è un avvenimento da non perdere, con i fedeli che pregano e incitano il santo al miracolo, al verificarsi del quale sono legati anche auspici fausti o infausti per la città e per il mondo. Di miracolo parliamo, anche se l’argomento è controverso e sarebbe più corretto parlare di mistero prodigioso al quale da secoli la scienza cerca di dare spiegazioni, talvolta plausibili, più spesso non attendibili.
Non spetta a noi indagare i misteri della fede: comunque sia, ancora oggi, a 1.700 anni dalla sua morte, possiamo dire, facendo nostre le riflessioni di Alessandro Dumas e di Matilde Serao, che Napoli e il suo santo protettore non potrebbero esistere l’una senza l’altro.
Come riconoscerlo
È sempre rappresentato in abiti vescovili, con mitria sul capo, piviale sulle spalle e pastorale in mano, e ha come attributi iconografici le ampolle che contengono il suo sangue, la palma che indica il martirio e spesso i leoni che rifiutarono di sbranarlo.
Protegge
San Gennaro protegge gli orafi e, ovviamente, i donatori di sangue; è patrono di Napoli, di Benevento, di Sassari e di Torre del Greco.
I miracoli più noti
Eruzioni del Vesuvio, terremoti, pestilenze, carestie: invocato, il santo ha sempre operato salvezze piccole e grandi. Particolarmente suggestivo il miracolo legato alla terribile peste del 1656: la statua del santo fu portata in processione per le strade di Pozzuoli e, arrivati alla chiesa di San Celso, i fedeli notarono che dietro l’orecchio destro della statua compariva un graffio che, all’arrivo nel Duomo, si tramutò nel bubbone tipico della peste. Il giorno seguente il bubbone e con esso l’epidemia sparirono e la popolazione fu salva.
Curiosità
Negli anni sessanta, in seguito al Concilio Vaticano II, la venerazione di San Gennaro aveva subito un forte ridimensionamento da parte della Chiesa e veniva limitata in ambito locale, (come una sorta di declassamento a santo di serie B), ma la reazione dei napoletani fu immediata e dopo pochi giorni sui muri della città comparve ovunque la scritta eloquente “san Genna’, Futtetenne!”