Sarà un bar come tanti

[di Carmine Landi]

Non più il fine ma il mezzo. Metamorfosi del “fu” Caffè 21 Marzo: per sei anni finiranno nelle mani d’un impresa i locali confiscati alla criminalità organizzata (appartenevano all’imprenditore Antonio Campione), che ospitarono il bar gestito dall’associazione P’o ben r’o paes dal 2015 al 2018, finché la burocrazia non divorò quell’esperienza. Se al tempo l’attività si prefiggeva lo scopo di reimpiegare persone socialmente svantaggiate, d’ora in poi verrà gestito per lucro: i canoni, invece, saranno destinati ad attività con finalità sociali. Via prefissata dal neonato – e finora mai presentato alla città – Osservatorio sull’uso sociale dei beni confiscati. Non un fitto, ma una «concessione onerosa» della durata di sei anni: l’impresa che proporrà la migliore offerta agli uomini dell’Ufficio tecnico, che nei giorni scorsi hanno indetto l’avviso pubblico, gestirà il bar. Esentata dall’obbligo delle finalità sociali: quelle saranno in capo al Comune, che destinerà i canoni di concessione (almeno 400 euro al mese) in tal senso. Le imprese dovranno possedere gli specifici requisiti morali e professionali, non essere gravate da alcun provvedimento interdittivo antimafia, essere in regola sul piano fiscale e su quello tributario e non avere alcun contenzioso con il Comune né condanne, risalenti all’ultimo quinquennio, per liti insorte contro Palazzo di città. Non potranno cedere a terzi la concessione. E dovranno limitarsi a gestire un bar: vietati sexy shop, money transfer, sale giochi, agenzia di scommesse, distributori h24 et similia. Col placet dell’Anbsc, l’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità, che ha decretato il trasferimento dell’immobile al patrimonio comunale per finalità economiche.

Facebooktwittermail