Sfratto matto
[di Ernesto Giacomino]
Capiamoci, è anche un po’ la terminologia, che porta sfiga in sé. Cioè, già solo quella parola che usiamo in tempi moderni, “alloggi”, pare rivestire il tutto di un’alea di precarietà, d’improvvisazione per la bisogna, di pernottamento in albergo prima della ripartenza (per inciso: chissà poi perché c’è questa smania di ammorbidimento dialettico che imperversa un po’ ovunque, i diversamente questo e diversamente quello, allontanamento anziché licenziamento, operatori di sala anziché camerieri). Fatto sta, comunque, che ormai quando a Battipaglia è pronta qualche casa popolare occorre un po’ fare come Nonna Papera quando sforna la crostata di frutta: nasconderla finché non si raffredda, perché a metterla alla finestra poi passa l’immancabile Ciccio che se la divora in un niente.
Nemmeno fai in tempo a capire come stia andando a finire con i palazzi di via Manfredi, per dire, ed ecco che sui giornali t’arriva notizia dello sgombero in via Carmine Turco (con un collegamento a spirale, fra i due lotti, che ti sfianca: abusivi sfrattati per dare le case ad alcuni abusivi che dovranno essere sfrattati a via Manfredi per ridare gli appartamenti ai legittimi assegnatari. Ché già se riesci ad afferrare la faccenda al volo senza ricorrere a esempi e disegnini, sei pronto per un qualche quiz in preserale di Bonolis). E gli sfrattati di via Carmine Turco, poi? E beh, ovvio. Saranno ricollocati in altri alloggi, magari sfrattando i relativi inquilini, che saranno ricollocati in altri alloggi eccetera.
Cioè, è un po’ come la faccenda africana del leone e della gazzella: ogni mattina, a Battipaglia, non importa se tu ne abbia diritto o meno, l’importante è che ti alzi e che occupi una casa. Poi, di lì a qualche generazione, pur magari con un po’ di tribolazioni tra uno sgombero e l’altro, tranquillo che un tetto in testa ce l’avrai sempre.
Un concetto, peraltro, che paiono aver finalmente assimilato anche le altre circa quindici famiglie rimaste abusivamente in via Manfredi. Tempo una settimana, si dice, e cominceranno a trasmigrare pure quelle per lasciare spazio ai legittimi assegnatari. Ma tranquilli, mica te li mettono per strada, sai la rogna mediatica, i titoloni di giornali, Staffelli, il Gabibbo. Si troverà una soluzione anche per loro. E chissà che in questo caso non s’organizzi addirittura una permutazione: ah, ve ne venite qui? E che casa lasciate? Ah, quel bilocalino sfizioso soluzione indipendente vista Castelluccio? E beh, ci si può pensare, basta un altro po’ di casino e magari il Comune ci dà il contributo per fittarcelo a scrocco.
Solidarietà, si chiama: obbligatoria, comoda, garantita. Come dire, ci travestiamo da liberisti, spostiamo voti alle lobbies impenditoriali, serriamo porte e finestre per quest’eterna paura dell’onda rossa; ma poi – come quei figli emancipati che a vivere da soli resistono una sola notte – alla prima rogna di panni da stendere tutti a rifugiarci sotto la gonnella della mano pubblica.
10 ottobre 2013 – © riproduzione riservata