Tanto pe’ conta’

[di Ernesto Giacomino]

A Battipaglia ci facciamo i fatti nostri. Se sentiamo urla e botte dietro la porta del vicino alziamo il volume del televisore, si sa che tra moglie e marito non mettere il dito e tra genitori e figli che dici dici sbagli.
A Battipaglia ci facciamo i fatti nostri, che ci frega se qualcuno nella differenziata ha smaltito l’amianto nell’organico, il mio sacchetto è a posto, lascia che gli altri contaminino il mondo, l’importante è che non vengano a multare me.
A Battipaglia ci facciamo i fatti nostri pure in famiglia, ché si è pieni di padri stupiti e che si battono il petto quando vengono ad arrestargli il figlio in piena notte, “nun sia mai, è nu buono guaglione, mica potevo chiedergli come mai da disoccupato girava in mercedes e panni firmati, io tengo rispetto, è violazione della privacy”.
A Battipaglia ci facciamo i fatti nostri perché non puoi sapere: l’anziano a bordo marciapiede che non riesce ad attraversare, il disabile in carrozzella ostacolato dal gradino, la donna incinta lasciata in piedi in una sala d’attesa, può essere che s’offendano, vogliono fare da soli, perché intervenire e trattarli da diversi.
A Battipaglia, insomma, ci facciamo i fatti nostri quasi in tutto. Quasi, ecco. Perché c’è un settore in cui, invece, vantiamo il maggior numero di investigatori privati del circondario: le finanze degli altri. Qua da noi, nossignori, non la passi liscia: ce n’è un esercito, di gente che sa perfettamente se vivi al di sopra delle tue possibilità, o, al contrario, imbottisci di soldi il famoso materasso fingendoti indigente. Non hanno in mano alcuna certezza, sia chiaro, fanno tutto a naso: ci risalgono col metodo induttivo tipo il buon ministro Visentini degli anni andati: se questo ha il mutuo, più due figli a scuola, meno la rendita dal fitto di quello scantinato a Olevano, allora l’auto nuova la sta pagando a rate. Se l’ha fatto cash, invece, è un truffatore.
Non visti, famelici, micragnosi, orde di novelli analisti finanziari inondano strade e vicoli, si piazzano negli angoli con le calcolatrici portatili e l’occhio esperto a squadrare massaie al supermercato, operai al bancomat, giovanotti al bar. E di ognuno, al volo, calcolano l’Isee con più precisione d’un patronato o un consulente fiscale. Tipo una divisione non ufficiale dell’Agenzia delle Entrate: il nucleo Pettegolezzo Rionale.
Come parecchi, peraltro, il meglio lo hanno tirato fuori proprio in questo periodo di quarantena, con la storia dei buoni spesa comunali. Cioè: loro, ad ascoltarli mentre sbirciavano tra gli astanti nei centri di distribuzione, o tra la gente in fila alle casse dei supermercati, sapevano esattamente chi ne avesse diritto e chi no, chi li aveva meritati e chi ci aveva marciato, chi era stato onesto e chi aveva falsificato. Per intuito, per sentito dire, per astio personale: non importa. Ciò che contava era che il mondo intero lo sapesse, che loro c’erano e vigilavano. Sempre.
Perché è facile fare gli altruisti con le cose belle, il patriottismo, la solidarietà, l’impegno sociale. è quando c’è da spalmare fango su qualche decina d’euro di buoni alimentari, che t’escono fuori i veri, incompresi eroi di ogni comunità.

13 giugno 2020 – © Riproduzione riservata

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