Tozzi: «I pattisti? Degli irresponsabili»

5.903: sono i voti che un aspirante sindaco s’aggiudicò alle amministrative dello scorso anno. Il terzo incomodo, al ballottaggio, scelse la Francese: le mani intrecciate protese verso il cielo, in quella calda notte di metà giugno, se le ricorda ogni battipagliese. Oggi Ugo Tozzi, il vicesindaco di Battipaglia, si ritrova nel mirino di tutti: dal governatore ai pattisti, passando per i tozziani delusi che hanno lasciato la squadra. Nel bel mezzo del trambusto, l’anestesista si racconta. E parla del suo futuro, con lo sguardo rivolto alla Camera.
De Luca la accusa di aver politicizzato la protesta contro il nuovo impianto di compostaggio… «È il classico atteggiamento d’un Pd che preferisce gli attacchi al dialogo. Vogliono mortificare la mia città, e l’arroganza si vede pure quando affidano i lavori proprio alla vigilia della manifestazione del 23, una marcia di liberi cittadini. Però Vincenzo De Luca e Fulvio Bonavitacola credono che le scelte politiche che compiono siano vangelo…».
Come ha saputo dell’uscita del governatore? «Mi hanno telefonato degli amici per dirmelo, e mi sono chiesto perché. De Luca attacca la politica e le legittime preoccupazioni di un’attività imprenditoriale, rappresentata da Rosario Rago, presidente di Confagricoltura Campania. Noi siamo favorevoli all’impianto di compostaggio, anche se il governatore vuol farci passare per ignoranti: ci opponiamo a un progetto che mira a trasformarci in una pattumiera».
I pattisti sono con voi? «Sono irresponsabili: hanno vinto le elezioni e dovrebbero pensare agli interessi della città. Le difficoltà vanno affrontate insieme, tant’è che il 23 sul palco con noi c’era l’opposizione, e Motta e D’Acampora io li ringrazio. I problemi ci sono, ed escono fuori ogni giorno come i debiti, ma dobbiamo affrontarli restando uniti. Invece i pattisti pensano a spostare su un piano politico l’attenzione da concentrare su argomenti così importanti: sono irresponsabili, e esaltare De Luca e attaccare Tozzi, che dalle accuse del governatore s’è dovuto difendere, è da irresponsabili. È uno schiaffo alla città. E poi vedo che qualcuno degli otto non muove ciglio: ma vuoi vedere che sono loro i primi a volerlo questo nuovo impianto?»
Qual è il problema e come si risolve? «Chiedono ufficialmente di azzerare la giunta, causa d’ogni male a loro dire. Alcuni partiti, Rivoluzione cristiana e Forza Italia in primis, hanno alzato il tiro, ma ogni pattista ha un malessere diverso da quello degli altri. Si risolverebbe subito con un rimpasto di giunta, nominando qualche assessore che dia voce a chi pungola l’amministrazione pensando che possa essere un modo per rilanciarla. Il problema, però, non è togliere Tozzi e mettere qualcun altro, ma sta nella maturità di una classe politica che deve accollarsi le problematiche cresciute in ben tre anni di commissariamento. Per i rimpasti c’è tempo, tant’è che la sindaca aveva proposto loro d’aspettare fino a metà mandato, e loro avevano accettato. Poi, però, fanno i documenti unitari: è meglio aspettare due anni e mezzo o mandare questa sindaca a casa? Decidano!».
Il centrodestra si federa ovunque, ma qui rimane diviso. Perché? «Me lo chiedo da due anni, da quando fui proposto come candidato sindaco dal primo partito del centrodestra a Battipaglia e per questioni personali si decise di non appoggiare Tozzi, uomo di destra, e di supportare Cecilia, civica da sempre. Poi, dopo il primo turno delle elezioni, è proprio Cecilia a chiamarmi e formiamo una coalizione per unire il centrodestra e vincere le elezioni. Avrei potuto sfilarmi, e invece ho vinto insieme a lei. E prima avevo avvertito Giuseppe Provenza: lo chiamai e gli dissi che Cecilia m’aveva proposto di fare un tandem e che per lei io sarei stato il vicesindaco. Dissi a Peppe che avrei accettato solo con un’amministrazione credibile e di centrodestra, e lui acconsentì».
Il patto nobile. Non c’è uno squilibrio sui tozziani? «Quelli in giunta sono tecnici. Di politico c’è solo Michele Gioia: a designare il commissario cittadino di FdI come assessore fu proprio il partito, che mi consegnò questo documento firmato da Carmine Pagano e da altri attivisti».
Cosa pensa del caso Provenza? «Mi dispiace che, dopo esser stato eletto consigliere, ora non faccia più nemmeno l’assessore. Avrebbe potuto darci una grossa mano se avesse ragionato per gli interessi collettivi e non per salvare la sua poltrona. Il punto è che la politica devono farla i partiti e i consiglieri comunali: noi siamo l’amministrazione. Lui, invece, avrebbe dovuto mantenere un rapporto col gruppo consiliare e col partito, che si sarebbero dovuti autodeterminare. E invece questa commistione ha messo in crisi il suo rapporto con la sindaca. Io gli consigliai di abbandonare la carica di coordinatore: o elevi lo scontro su un piano politico, e in quel caso ti dimetti dalla giunta, oppure i processi devi governarli. Poi quando le frizioni si sono verificate in consiglio comunale, ho capito che non c’era responsabilità politica».
Si apre all’opposizione? «Abbiamo avuto delle aperture di responsabilità da Luisa Liguori e Luigi D’Acampora, che per senso istituzionale hanno manifestato la propria disponibilità sui problemi più importanti. Vedremo…».
Da mesi lavora insieme a Cecilia Francese: un pregio e un difetto della sindaca? «Cecilia è una persona perbene, senza interessi di parte e disponibile al dialogo, ma proprio dialogare con tutti le crea dei problemi, perché devi ragionare con la gente, sì, ma su determinate situazioni deve calare la scelta targata sindaco».
C’è qualcosa che non rifarebbe tornando indietro? «Sono soddisfatto. Buttare fango addosso è facile per tutti, ma io ho fatto scelte dettate da risultati elettorali, spuntandola in una maggioranza che mi ha fatto capire che il nostro ruolo era importante. Puntavo a fare un gruppo omogeneo che potesse dettare alcune linee politiche, un gruppo libero e senza interessi personali. Ho puntato sugli uomini, e in questi casi talvolta puoi sbagliare, perché oggi stanno con te e domani te li trovi dall’altra parte. Politicamente capisco, ma umanamente fa male».
La squadra di Tozzi c’è ancora? «Il patto nobile mi ha consentito di dimettermi e far scattare un altro consigliere comunale, che poi è entrato in giunta e ne ha fatto scattare un altro. Se non è squadra questa…».
Punta davvero alla Camera? «La candidatura me l’hanno proposta. Coi presupposti giusti, che pare ci siano, visto che addirittura De Luca  mi ritiene un competitor (sorride, ndr), potrei accettare, perché la politica la faccio con passione e mi piace. Se sarò in campo per le politiche, lo farò appellandomi agli elettori, perché bisogna avere referenti cittadini, che Battipaglia di rado ha espresso».

7 dicembre 2017 – © Riproduzione riservata
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