Trash Anatomy
[di Ernesto Giacomino]
Alle volte succede come in certi film: fai l’esploratore, t’ammazzi di missioni pericolosissime nei posti più impensabili del pianeta, e invece la scoperta archeologica del secolo ce l’hai nel giardino di casa.
È un po’ che qui a Battipaglia s’è posto l’accento sulle microdiscariche abusive piazzate un po’ ovunque, dalle zone periferiche agli angoli più appartati dei parcheggi pubblici. Quello che non t’aspetti, però, è che di colpo il montarozzo di rifiuti “incolti” più sostanzioso ti sbuchi proprio lì dove non te lo aspettavi: il posto asettico e sterilizzato per eccellenza, il paradiso dell’ordine e della salubrità, l’apoteosi della rigidità delle regole igieniche: l’ospedale.
C’è uno slargo, là, deputato alla raccolta rifiuti. È alle spalle del palazzo Asl, in una scorza di verde, in corrispondenza degli ultimi posti utili per parcheggiare (vedi foto). Non ditemi che non l’avete visto, vi prego: è scandaloso. Cassoni lerci – di cui uno ribaltato – e, dritta sull’asfalto, una duna d’immondizia varia d’un metro di altezza per svariati metri di larghezza: plastica, polistirolo, incarti di alimenti, reflui organici. Fortuna non ci siano anche farmaci e rifiuti clinici speciali, almeno quello: sarebbe stata una vera – e scioccante – tragedia ambientale.
Il fatto grave è che il tutto pare scorrere nell’indifferenza generale: stai lì, osservi stupito, ti passano di fianco i suv dei primari e l’andirivieni degli inservienti, e nessuno sembra farci caso. Voglio dire: come è giusto che sia, stanno tutti attentissimi a vedere se e dove fumi, guardie giurate che ti buttano fuori alla fine dell’orario delle visite con una puntualità disarmante, esperti di fisiognomica che passano tuo figlio allo scanner per vedere se davvero è abbastanza grande da entrare in reparto; e nel frattempo a dieci passi da lì regna sovrana una collinetta d’incuria e sporcizia grande quanto il Monte Bianco nell’Italia in miniatura.
Immagino sia un fatto episodico, non può essere altrimenti. Grave, ma eccezionale. Sempre se può chiamarsi eccezionalità l’averla comunque trovata là – ingigantita ma non sfoltita – ben dieci giorni dopo il primo “avvistamento”. Per carità: può darsi che venga quotidianamente rimossa e abbia una velocità di rigenerazione esponenziale, in stile Gremlins. Ma lo stoccaggio è comunque inumano, e quella corolla di monnezza intorno a un cassone immobile e inutile, rovesciato e ignorato, è comunque un inno all’incuria e all’inefficienza. Qualunque agglomerato di rifiuti, trattato in questo modo, è un avviso pubblico di offerta di vitto e alloggio per topi e insetti, batteri e malattie. E sta arrivando il caldo, non dimentichiamolo.
Di chiunque possa essere la colpa, ciò che turba è che il problema pare essere non visto. E, se visto, meritevole di nessun’altra soluzione se non il caso, la buona volontà di terzi, la congiunzione astrale dettata dall’oroscopo del momento.
Per carità, confido che i vertici ospedalieri abbiano già sollecitato, protestato, minacciato causa alle aziende addette. Ma è anche vero che nessuno più di loro sa che nel trattare con la pelle della gente non ci si può appellare all’inerzia degli altri. E che, sempre più spesso, di burocrazia, inefficienza e tentennamenti si finisce per ammalarsi.
29 maggio 2014 – © riproduzione riservata