Tre donne in attesa di giudizio | di Stefania Apostolico

Il silenzio ingombrante che invadeva l’aula di tribunale fu interrotto dalla voce tremula di Ioana che ruppe argini e riserve: “Eravamo tutte su un camion, la sera prima avevamo bevuto e forse qualcuno aveva provato a stordirci, non so come ma eravamo tutte mezzo addormentate, il viaggio fu infinito, nessuno ci spiegava, sapevamo solo che in Italia avremmo lavorato e non ci sarebbe stata più la miseria…”.
Questo fu l’incipit del racconto senza sconti della giovane donna che avevo accanto.  
A Ioana come a tante altre ragazze fu venduto un miraggio, il miraggio di una vita diversa, una vita migliore. Gli occhi color nocciola vagavano irrequieti da un angolo all’altro di quel luogo asettico eppure protetto. Ioana aveva agguantato il coraggio di parlare e, a tratti, si aggrappava al mio sguardo per non perderlo. Era stata messa sulla strada, costretta a prostituirsi, costretta a mettere in vendita la sua giovinezza, la sua bellezza, la sua intimità, la sua identità.
Dopo un po’ di giorni non sapeva più chi era, dormiva poche ore durante il giorno in un tugurio che divideva con altre compagne di sventura. Provò a fuggire per due volte ma fu presto sorpresa e punita, poi rinunciò a ribellarsi e mise in atto una strategia per difendersi, dissolvendosi. Perdette l’essenza sua, si confuse con gli abiti succinti, gli stivali bianchi con il tacco alto, il rossetto troppo rosso e le borsette piene di strass, dove custodiva tutti quei soldi sudici e non suoi. Un giorno, però, la vita la scosse con violenza, il suo ventre cominciò ad arrotondarsi e lentamente si accorse che, dolce e prepotente, una creatura si stava facendo spazio dentro di lei, incurante di tutto lo squallore che le respirava intorno. Ioana si aggrappò a quella speranza, la protesse fino al giorno del parto e venne alla luce una splendida bambina, “pura” come la definì lei, nessuna traccia l’aveva ancora segnata, ancora nessun sentiero orientava il suo cammino.
Per qualche mese provò ad accudirla ma ben presto si accorse che stava condannando la figlia al suo stesso destino, così decise di prestare il proprio consenso all’adozione. E ora era lì con il suo avvocato, dinanzi ad un giudice, anche lei donna. Tre donne in attesa giudizio. 
La vita e le sue cangianti sfaccettature ci travolsero: chi doveva giudicare? Chi difendere? Chi confessare? La sospensione del giudizio, quello morale, creò per un momento una bolla nella quale i ruoli sfumarono, la scelta coraggiosa di Ioana ci aveva ridestato dall’illusione beffarda di essere sempre dalla parte del giusto. Le sue mani nervose continuavano a intrecciarsi, a rigirarsi. Le guance si rigarono di lacrime, lo sguardo rimase sempre fiero.  Quando finì di parlare il silenzio si prese nuovamente la scena, scuotendoci, spogliandoci da certezze e pregiudizi.
In quell’aula c’erano soltanto tre donne, tre madri, nessuna migliore dell’altra.

18 dicembre 2020 – © Riproduzione riservata

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