Un cartesiano 

[di Lucio Spampinato]

Le sue capacità erano risultate evidenti già al maestro della terza elementare! Ruggero era capace di fare a mente calcoli complessi per la sua età, tipo moltiplicazioni di numeri a due cifre, oppure ricordare una quantità di nozioni appartenenti a programmi degli anni successivi, tipo le capitali di tutto il mondo, fra le quali governatorati di Sua Maestà Britannica in isole sperdute negli sconfinati oceani della Terra. Ma se il suo esprit de géometrie era così sorprendente, il suo esprit de finesse faticava a venir fuori: i compiti di italiano erano brillanti con vaste congerie di rimandi, citazioni, elencazioni di glosse a versi tormentati dagli esegeti dei poemi epico-cavallereschi. Ma non pochi credevano che non ci fosse anima in quello studio pedissequo, mnemonico, asettico e privo di passione.

Tuttavia, non si accontentava di completare i cinque o sei esercizi assegnati in ciascuna materia per l’argomento spiegato ma terminava il suo compito solo dopo aver risolto tutti gli esercizi di fine capitolo: era una macchina efficiente finalizzata allo studio, uno studente perfetto. 

In quinta liceo, con l’analisi matematica, provava una soddisfazione enorme nel riuscire a disegnare il grafico di qualunque funzione proponesse il libro di testo, dopo di che cominciò ad inventarsele e riempiva il retro dei blocchi usati dal padre, che lavorava alle dipendenze di un geometra e che sognava per il figlio un futuro da ingegnere, prima di cominciare a tracciare curve casuali su un piano fra gli assi ortogonali xy e, con processo inverso, se ne ricavava le equazioni. Tutto questo lo portò ad inquadrare, o forse a ridurre, la realtà ad un mero calcolo matematico che aveva sempre, in un modo o nell’altro, una soluzione soddisfacente e utilitaristica pro domo sua. Fu così che una sera, dopo aver portato la sua fidanzata dell’epoca a mangiare una pizza, ad un tratto prese una penna dal taschino della giacca e cominciò a tracciare una curva sul tovagliolo di carta del coperto. «Vedi» le disse «Il nostro amore assomiglia a questa curva che si chiama meno x alla terza; in altre parole la nostra relazione, malgrado la tua passione limitata all’inizio (vedi qui, tu sei sulla linea orizzontale ma in una zona blandamente negativa ed io su quella verticale proteso verso un settore decisamente positivo), tuttavia abbiamo avuto un periodo amoroso ad alti livelli; ma la curva dopo solo pochi mesi ha cominciato a precipitare (guarda qua!) perché la tua passione è cresciuta di poco oltre lo zero e io, ormai, ho perso ogni mordente». «E quindi?» domandò lei sull’orlo delle lacrime. «Temo, amore, che dobbiamo lasciarci!» rispose lui, con una espressione liberatoria.

Dopo un momento di sconforto, pensando che gli si era concessa e si era tanto dedicata a lui, lei riacquistò la sua proverbiale forza d’animo e si alzò di scatto, puntò i pugni sul tavolo e disse: «Visto che mi hai fracassato i timpani con i tuoi calcoli e le tue curve, posso dirti che invece la tua personalità è esattamente come la curva meno x al quadrato; si agita con fatica nei bassifondi morali da cui proviene e il massimo sforzo che riesce a fare è toccare lo zero, che è la misura esatta delle tue qualità umane, per poi precipitare a picco nell’abisso da cui aveva cercato inutilmente di emergere»». E lo piantò in asso fra gli applausi di alcune ragazze in sala che avevano afferrato il discorsetto. Comunque, era tutto inutile! Ruggero non imparava nulla da questi episodi e continuava imperterrito sui sentieri dell’insensibilità egocentrica. 

Anche l’università passò brillantemente per i risultati e altrettanto grettamente quanto ai rapporti sociali, cosa che non gli precluse comunque l’assegnazione di un posto da cultore della materia, presso il dipartimento di meccanica razionale. Coadiuvando il docente che ne intravide l’efficacia e l’efficienza lavorativa (e dunque la possibilità di sgravarsi in modo qualificato e gratuito di parecchio lavoro), entrò a far parte delle commissioni d’esame e ne bocciò tanti da meritare il titolo di iena per via di quel vago sorrisetto che gli si disegnava in volto, mentre faceva naufragare le già magre speranze di promozione di studenti impreparati. Una volta, bocciò una ragazza dicendole che il suo esame somigliava ad una curva ad andamento sinusoidale, perché si altalenava continuamente fra risposte sbagliate e vuoti di memoria. Trovò comunque un ottimo lavoro all’agenzia nazionale degli acquedotti, si sposò, ebbe figli e fu infine liquidato dalla consorte, stremata dalla sua ruvidità. Comprò un appartamento in un quartiere vicino al centro che, in base ad un preciso calcolo statistico differenziale, passato persino alle derivate doppie, avrebbe aumentato il suo valore di cinque mila euro l’anno, seguendo l’andamento della curva y è uguale a x più cinque. Salvo poi essere popolato da colorati e simpatici cittadini stranieri che misero lì le loro attività commerciali di rivendite alimentari, spezie, kebab, barber shop ed incensi orientali. Con buona pace della rivalutazione immobiliare. Un giorno fu chiamato dal suo responsabile per una comunicazione urgente. Gli parlò di un ridimensionamento professionale che avrebbe intaccato solo i benefit collegati ai rendimenti aziendali. Ma, giacché, gli indici di redditività languivano a causa di frequenti crisi idriche, perdite nella rete, contenziosi per il recupero delle cartelle esattoriali impagate, incremento del mercato delle acque minerali e quant’altro, in pratica poteva dire addio a circa mille euro al mese. «Ecco, vede?» e gli mostrò un grafico su uno schermo gigante. «La redditività della nostra azienda, al momento, somiglia alla curva meno n per x al quadrato più n che è una parabola stretta con cuspide verso l’alto che, dopo un breve periodo fortemente performante, ha invertito la rotta ed ora scende pericolosamente verso un baratro». E, detto questo, se ne andò a pranzo in compagnia della sua giovane segretaria particolare, signorina Giuliani, al ristorante Valleverde con la Porsche 911 Carrera, appena ritirata.

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