Un mondo migliore

“In questo nostro mondo, che Tu (Dio) ami più di noi, siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato”. La preghiera del Papa in una piazza S. Pietro deserta, sotto una luce livida e un cielo piangente, ha scoperto la nostra nudità. La nostra arrogante presunzione che ci ha portato a credere di essere la specie animale più potente della Terra, capace di controllare a nostro piacimento la potenza della Natura, è crollata. Un minuscolo essere, grande pochi micron, un virus, ha messo in ginocchio il gigantesco sistema (imperfetto) che abbiamo costruito. “Avidi di guadagno”: la nostra sete di possesso ha creato i mostri che sono sotto i nostri occhi. La nostra fame di ricchezza individuale ha creato sempre più ingiustizie, diseguaglianze, conflitti sociali, guerre.
Il rapporto 2018 dell’Istituto di ricerca per la Pace di Stoccolma (SIPRI) parla di 1,8 trilioni di dollari impiegati per le spese militari mondiali. Una quantità smisurata di armi capaci di seminare morte a fronte di un esiguo numero di respiratori necessari per salvare vite. E poi le disparità sociali ed economiche: pochi che vivono con tanto e tanti che sopravvivono con poco. L’emergenza che stiamo vivendo ci ha già fatto dimenticare le immagini, che guardavamo in TV, indifferenti se non infastiditi, di tanta gente che fuggendo da guerre e povertà moriva annegata, spesso perché non accolta. Così come dimentichiamo facilmente i morti nel mondo per tubercolosi, 1 milione e trecentomila nel 2017, oppure gli 821 milioni di persone al mondo che soffrono di fame. È una realtà lontana, non riguarda noi, non tocca le nazioni ricche. Adesso anche noi piangiamo i nostri morti: il dolore e l’angoscia ci assalgono e ci pervadono. “Abbiamo pensato di rimanere sempre sani in un mondo malato”. La globalizzazione, in pochi decenni, ha alterato equilibri che la Natura ha creato in milioni di anni. Abbiamo devastato la Terra che ci ospita, avvelenato l’acqua che beviamo e l’aria che respiriamo. Dai primi studi sembrerebbe che questo virus abbia potuto compiere il salto di specie perché l’uomo ha messo insieme specie animali che normalmente in natura non si incontrano mai. Questa promiscuità tra uomo e animali provenienti da zone geograficamente distanti ha permesso il contagio. Alla fine sembrerebbe proprio che siamo noi uomini ad essere responsabili dei nostri stessi mali.
Ma tutti i momenti di crisi portano anche speranze e nuove opportunità. C’è bisogno di nuovi modelli di crescita più rispettosi del mondo che ci circonda e dell’Uomo per quello che è e non per quello che ha. Questo virus risparmia i bambini, li colpisce ma non li uccide, se non raramente, quasi a voler preservare le future generazioni. È un segno? Queste nuove generazioni saranno migliori della nostra? Riusciranno a costruire una società nuova, un mondo migliore, evitando gli errori che finora abbiamo commesso?

Roberto Lembo, medico pediatra

23 aprile 2020 – © Riproduzione riservata

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