Uomini che odiano le gomme
[di Ernesto Giacomino]
Via Mazzini isola pedonale per due week end di fila, causa rinvio dei festeggiamenti del Carnevale. E i commercianti non ci stanno, lamentano latitanza di consumatori e congestioni di traffico scarsamente utili alla bisogna. Oltre – dicono – a non essere stati per niente avvisati dal Sindaco di questa proroga imprevista. La campana opposta, invece, loda il Comune per la sensibilità di aver capito l’importanza dell’aggregazione sociale, pur tirandosi in casa le proteste di qualche associazione di categoria. Meglio quello, avrà pensato il Sindaco, che centinaia di mamme inferocite che non possono più far sfoggiare ai figli i costumi di Spiderman o Dragon Ball costati straordinari al babbo sfinito.
Insomma: sulla zona a traffico limitato (ogni tanto è bene dire il nome per esteso, gli acronimi stanno trasformando la comunicazione in prenotazioni dell’Alitalia) continuano ad esserci pareri agli antipodi che non lasciano intravedere spiragli di accordo.
Io ho sentito gente che non c’è mai stata, lì in mezzo, quando la strada è chiusa al traffico. Ma che comunque – svisceratamente, animosamente – è favorevole o contraria per empatia, per partito preso. O perché, magari, “a Salerno funziona, ma perché lì è sempre pedonale, se lo facessero anche qui…”. Anche qui, cosa? Si può lastricare a sampietrini una strada comunale come Corso Vittorio Emanuele, e ok, ma via Mazzini è una nazionale. E noi abbiamo un Sindaco, a governarci, mica il Re Sole.
Soprassedendo sul risvolto ambientale della questione (che sarebbe il punto principale, in verità, ma pare ogni volta scalzato da ragioni “superiori”), magari è la volta che sia i favorevoli che i contrari alla cosa si presentino a un tavolo di discussione con in mano fatti e numeri, e non opinioni e sensazioni.
Punto uno, allora: è vero che lo shopping, quand’è obbligatorio farlo a piedi, diminuisce? Ok, l’impatto visivo potrebbe pure essere quello. Ma allora, se è così, c’è un problema più a monte che prescinde dalla transitabilità o meno di una strada. Per fare un’isola pedonale, occorre prima fare i pedoni. Siamo in una città che è tutto centro, stazione e ospedale a due passi, il rione più lontano dista dieci minuti a piedi. Il nostro non è un problema di vivibilità, ma di mentalità, di disabitudine al passeggio, di un orientamento al consumo “compra e fuggi” che non fa bene nemmeno agli stessi negozianti. Ridurre le strategie di vendita a una media ponderata tra macchine che passano e gente che compra porta all’idea avvilente di un commercio arrangiato, fondato non sulle leggi di mercato ma su soggettive teorie probabilistiche.
In realtà, all’esperimento della ZTL (a rieccoti l’acronimo, pardon) manca una caratteristica fondamentale: la serenità. Ci si approccia col pregiudizio, sfiduciati in partenza, con poca pazienza. Ci vorrebbe semplicemente il tempo d’abituarcisi, da una parte e dall’altra. In fondo siamo cittadini nati stanchi, mica cosacchi del Don usi a giornate di marce nella steppa siberiana. Abbiamo tutti radici rurali, ma sul fronte degli agi ci siamo evoluti in fretta. Accompagniamo i figli facendo più strada per raggiungere il garage che per arrivare a scuola, prendiamo le pizze da asporto dalla pizzeria sotto casa facendole raffreddare nel frattempo che non riparcheggiamo. Nella nursery, a pochi giorni di vita, oltre al ciuccio già ci appendono al collo bollo e assicurazione e ci truccano i chilometri sull’estratto di nascita. E beh: sarà pure ora di terminarlo, ‘sto rodaggio, o no?
21 febbraio 2013 – © riproduzione riservata