Usi e malcostumi
[di Ernesto Giacomino]
Pardon, sto ancora a livello di commozione massima, forse ieri ho contribuito a salvare una vita. Nel mio piccolo, eh, facendo poco più del mio dovere di cittadino: scansandomi al passaggio d’un’ambulanza. È che l’ho fatto così magistralmente, salendo finanche con due ruote col marciapiede, che la fila accanto alla mia s’è potuta addossare a me e scansarsi a sua volta, liberando in un botto decine di metri di carreggiata.
Ah, la soddisfazione. Ne ho immaginato gli addetti a bordo, la gratitudine silente, l’ammirazione per cotanto automobilista così sveglio da trovare al volo il rimedio per velocizzare il tutto. Tant’è che quell’ambulanza, una volta fuori dal traffico, è sgattaiolata via così rapidamente che dopo tre secondi neanche se ne sentiva più la sirena. Voglio dire: non fosse che era in evidente, piena emergenza, qualcuno in malafede avrebbe potuto pensare che l’avesse spenta.
E comunque no, macché: l’ho visto io, l’intervento. Manco due minuti più tardi l’ho incrociata che aveva già raggiunto la destinazione: il parcheggio pubblico sotto un palazzo. Beccata all’opera, proprio mentre l’autista scendeva, serrava le portiere, raggiungeva con inusuale lentezza un portone… di cui aveva le chiavi?! E beh: un paziente previdente, immagino. Roba che “va be’, ora ne lascio un doppione al 118, magari un giorno devono venire a soccorrermi, hai visto mai che si risparmiano di citofonare e fanno assai prima”.
Oppure – ipotesi verosimilmente più credibile – mentre l’autista era per strada è arrivato un contrordine: spegni e torna indietro, emergenza cessata, le cose si sono risolte da sole, poi se col lieto fine o meno te lo diciamo di persona. Al che lui, non fidandosi delle indicazioni della centrale, è voluto comunque andare a controllare, ed è solo una simpatica coincidenza che le sue chiavi aprissero un portone d’un’altra casa.
Poi ci sarebbe l’ultima ipotesi, eh, che comunque resta quella meno credibile di tutte. Tipo che il tizio, lì, stesse rientrando a casa in pausa pranzo col mezzo di servizio, e che arrivato al solito manicomio della rotonda dell’autostrada per l’ingresso al centro abbia pensato di scavalcare il traffico accendendo la sirena. Ma dare credito a un’ipotesi del genere, ripeto, è opera da malfidati: uno che rischia il posto e varie centinaia d’euro di multa solo per sedersi a tavola cinque minuti prima dimostrerebbe così poca intelligenza da doversi chiedere chi l’abbia mai assunto e perché. Ché in quelle condizioni cerebrali, voglio dire, il massimo della mansione affidabile sarebbe la conta dei piccioni a piazza San Marco in stile Totòtruffa.
Specie perché tu, ipotetico autista mistificatore, magari o non lo sai o non hai sufficienti capacità cognitive per comprenderlo, ma se m’accendi inutilmente la sirena alle spalle e io poco poco sono un tipo ansioso o apprensivo se non semplicemente imbranato, rischi che faccia un guaio assai più grosso che quello di non farti passare. Che perda il controllo dell’auto e la sfasci, o tamponi qualcuno, o investa un pedone. E tutto perché? Per non farti raffreddare la pennetta al sugo sulla tavola?
Perciò, come ho detto in apertura, il dubbio è che davvero ieri abbia contribuito a salvare una vita. Ma nel senso, mi sa, di pancia e fianchi.
4 giugno 2022 – © riproduzione riservata