Viva Las Vegas
[di Ernesto Giacomino]
Paiono essersi fatti più serrati, a Battipaglia, i controlli delle Forze dell’Ordine sugli esercizi che gestiscono il gioco. Betting, pare chiamarsi oggi il settore: l’ennesimo, detestabile termine-calderone importato dai britannici con cui, ora con un’aggiunta ora con l’altra, si definisce in un’unica botta tutto quel variegato universo di attività ludiche pro-adulti che va dalle scommesse sportive in senso stretto (qualunque scommessa, ormai, e su qualunque sport: dal tiro alla fune al gioco dell’oca) ai casino online, passando per videopoker, slot-machine virtuali e altre diavolerie tecnologiche tipo flipper a premi e lotterie fuori monopolio.
Il dato triste è che ogni uscita di volanti è una garanzia di rientro a mani piene: macchinette truccate, collegamenti a siti internet illegali, permessi assenti, gestori non abilitati. Ma è una lotta impari in partenza: per ogni bar, circoletto, stanzino costretto a spegnere (o, almeno, sospendere) gli apparecchi, ne spuntano contestualmente altrettanti pronti a rinverdire la battaglia. Gente che esce fuori alla distanza, iniziando in sordina e semiclandestinità, per poi esplodere per qualche mese con una parvenza di legalità e certezza di buoni incassi, e sparire non appena s’annusa in giro il vento di un controllo. L’ennesimo segmento di mercato, in sostanza, in cui il core business è la disperazione degli avventori. Meglio ancora, l’autodistruzione. Il periodo è più maturo che mai, le famiglie sono affamate, i salariati stanchi di soprusi, diritti negati e impennate di prezzi e gabelle regionali, comunali, rionali, condominiali; scatta, sempre più crescente, la corsa al “colpaccio”, alla vincita insperata: che magari, per carità, non risolve la vita, ma almeno la rimette per un po’ in carreggiata. Il che non significherà abiti firmati e viaggio ai Caraibi, ma almeno potrà consentire di mandare un figlio a scuola senza debiti col cartolaio.
E c’è da non dormirci, allora, al pensiero che in ciò c’è sempre chi s’affanna a sfruttare il momento allestendo due computer in quattro pareti nude e spacciandosi per altro: internet point (sai la credibilità, ora che la rete è accessibile a chiunque a pochi spiccioli la settimana), o circolo ricreativo, o – udite udite – “agenzia di disbrigo pratiche”. Fantasia e diversità per le declaratorie sulla tabella al muro, insomma, omogeneità totale circa lo stampo di chi gestisce la saracinesca che sta sotto: gente che mette tavola succhiando nei vizi altrui, la cui unica fatica imprenditoriale è lo sperare (con una certa solidità di basi, in verità) che chi è al di qua della tastiera perda in fretta risparmi, stipendio, dignità, famiglia. Vita, alle volte.
Ciliegina sulla torta, quel menefreghismo da schiaffi con cui parecchi di lorsignori si schermiscono da colpe e responsabilità, adducendo la più banale e stantia delle giustificazioni: “io che c’entro, mica li costringo”. Come rispondono, in verità, tutti quelli che accumulano profitti facendo di necessità (altrui) virtù (proprie): strozzini, papponi, pornografi, politici corrotti.
No, non lo fai, non costringi. Ti limiti semplicemente a farla esistere, quella roba, magari mentre servi caffè e vendi bibite. Un piccolo accessorio, come la partita su Sky. Come una meretrice messasi discinta a ciglio strada per il solo gusto di abbellirsi le unghie al sole della litoranea. Che però, tra una spazzata d’acetone e un’asciugatura di smalto, non trova miglior passatempo che concedersi prezzolatamente agli automobilisti.
5 aprile 2012 – © Riproduzione riservata